Intervista a Mario Paolinelli e Eleonora Di Fortunato, adattatori dialoghisti AIDAC

Argomento: L'intervista
Pubblicazione: 27 luglio 2005
Mario Paolinelli si occupa di doppiaggio dal 1979, come autore della versione italiana di opere cinematografiche e televisive straniere. Ha adattato film di Peter Greenaway, Spike Lee, Barry Levinson, Ken loach, Mira Nair, Sam Shepard, Volker Schlondorff, Oliver Stone, Quentin Tarantino e Wong Kar Wai. È vicepresidente dell'AIDAC (Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi).
Eleonora Di Fortunato è traduttrice, si occupa di comunicazione e di diritto d'autore ed è consulente per il diritto d'autor dell'AIDAC.
Entrambi hanno all'attivo corsi sulla trasposizione linguistica delle opere audiovisive presso Università italiane e straniere, oltre a pubblicazioni sul tema tra cui il recente Tradurre per il doppiaggio (Hoepli, 2005).

Nel vostro libro si parla di memorable quotes, nella maggior parte dei casi si riesce a mantenerle tali anche nel doppiaggio?

Bisogna innanzitutto distinguere tra citazioni e battute originali destinate a diventare "memorabili". Nel primo caso, il dialoghista dovrebbe essere in grado di riconoscere la citazione (e non sempre questo è possibile, specie quando non viene fornito un copione annotato) e riproporla. Nel caso di battute originali, è chiaro che né il dialoghista né altri possono prevedere la loro fortuna. Quello citato nel libro è un caso particolare: una battuta ripetuta nel corso del film in momenti topici del rapporto tra i due protagonisti, che mentre nell'originale è diventata cult, nella versione italiana non esiste, essendo stata tradotta ogni volta in modo diverso o magari modificata a piacere in sala di doppiaggio. In un caso come questo, il dialoghista deve essere in grado di accorgersi per lo meno dell'elemento della ripetizione, cosa che in Casablanca sembra non essere successa.

La distribuzione del cinema europeo in Europa stessa e nel mondo rimanda alle politiche di ogni singolo Stato. Parlando di esportazione del cinema europeo negli USA ci sono delle censure?

Esistono diverse forme di censura, più o meno palesi. In Italia il divieto viene stabilito da una commissione ministeriale che visiona la copia doppiata dei film. Negli Stati Uniti il limite viene attribuito dal distributore del film e vigilato dall'associazione dei produttori cinematografici. Quando un film statunitense arriva in Italia non mantiene il rating attribuito in origine, e quasi sempre il nuovo limite è più generoso: film vietati ai minori di 17 anni vengono quasi sempre giudicati "per tutti". Al contrario, le rare volte che un film europeo arriva negli Stati Uniti, gli viene sempre attribuito dal distributore americano un limite più restrittivo, al fine di mettersi al riparo da ogni contestazione. Un caso per tutti: il film La vita è bella, che in Italia non aveva avuto nessun divieto, è stato distribuito negli Stati Uniti prima sottotitolato e, dopo l'Oscar, anche doppiato ma vietato ai minori di 13 anni non accompagnati, a causa di "holocaust-related thematic elements". Non è infondato sostenere che questo uso della censura diventa di fatto un elemento di protezione del mercato e un limite alla circolazione culturale. Un modo democratico per risolvere la questione - che rischia a volte di sfiorare l'incidente diplomatico - sarebbe quello di applicare in ogni paese il divieto previsto dal paese produttore.

Escludendo una distinzione pro o contro il doppiaggio o il sottotitolaggio, ci potete parlare di casi specifici in cui si mira a richiedere l'utilizzo dell'uno piuttosto che dell'altro?

Non esiste un film che non possa essere doppiato. L'unico caso è rappresentato dal film musicale, peraltro così poco apprezzato nel nostro paese e quindi destinato a un pubblico di nicchia, per il quale può essere consigliabile ­ anche per non creare disarmonia tra la parte recitata e la parte cantata ­ l'uso del sottotitolo in toto. Per quanto riguarda invece distinzioni o annose noiose polemiche direi che ormai possono essere considerate parte del passato, infatti grazie alla tecnologia del DVD ognuno può vedersi il film nella lingua che preferisce, anzi la possibilità di combinare doppiaggio e sottotitoli nella stessa lingua permette anche ai non udenti di poter vedere il film e di "sentirlo", mentre presto ­se Univideo (l'associazione dei distributori dell'home-video) accoglierà la proposta dell'AIDAC ­ anche i non vedenti potranno "vedere" il film attraverso la realizzazione da parte del dialoghista di una colonna sonora doppiata aggiunta in cui negli spazi di silenzio venga descritta la scena e quant¹altro utile alla comprensione della trama.

Quali requisiti deve avere un giovane traduttore che desidera acquisire una formazione nell'adattamento dei dialoghi per il doppiaggio e quali sono ad oggi le strutture predisposte a questo tipo di formazione?

Chiunque si avvicini alla professione di adattatore-dialoghista deve avere, oltre a un grado di cultura generale che gli permetta di capire contesti e registri espressivi, la capacità di saper cogliere e riproporre il linguaggio parlato, e quando serve inventarlo. Non si tratta quindi tanto di conoscere una lingua straniera (cosa che diamo per scontata), quanto di avere questa particolare capacità nella propria lingua. Premesso che si tratta di talenti naturali, è sempre possibile riconoscerli e affinarli attraverso una formazione specifica, che però solo da poco comincia a essere offerta. La Scuola superiore per traduttori e interpreti di Forlì sta facendo da tempo un buon lavoro in questo senso, e prossimamente anche la Cattolica di Milano affiancherà ai corsi di sceneggiatura che organizza da tempo anche un master in traduzione per il doppiaggio, mentre l'AIDAC sta operando per realizzare una struttura formativa nella capitale - dove si svolge la quasi totalità delle lavorazioni - che con il sostegno delle istituzioni dia una risposta alle numerose richieste di chi vuole avvicinarsi a questo, come agli altri mestieri del doppiaggio.

Cosa fanno le politiche europee per sostenere e promuovere il doppiaggio?

Finora non hanno fatto molto; anzi ci sono addirittura pressioni in sede europea perché il doppiaggio sia limitato, stupidamente accusato di minare la difesa della diversità culturale. Al contrario, siamo convinti che il doppiaggio (così come ha sempre fatto la traduzione letteraria) sia l'unico strumento che permetta ai diversi modi di pensare ed elaborare cultura non solo di sopravvivere, ma anche di circolare. Il problema è quello di uscire da un'ottica asfittica e provinciale ed elaborare un sistema che permetta innanzitutto l'affermazione della qualità unitamente a una visione strategica che veda nel doppiaggio il mezzo per l'affermazione del cinema italiano ed europeo negli altri mercati. Per far sopravvivere il cinema in paesi che come l'Italia, hanno una quota di circolazione del prodotto nazionale al 15/20 per cento, e quindi di fatto hanno risorse molto limitate da dedicare a nuove produzioni, per cui sono costretti a ricorrere a un discutibile assistenzialismo, è fondamentale la conquista di altri mercati. Ma se le opere nazionali restano in lingua originale non usciranno mai dai ghetti distributivi dei cineclub. Una novità di rilievo sono le recenti affermazioni del ministro Rocco Buttiglione che intende sostenere il doppiaggio all'estero dei film italiani. Se così sarà si aprirà una nuova stagione per il nostro cinema e magari anche i grandi film italiani del passato potranno finalmente essere visti dal pubblico straniero. Altrimenti, amen.

Cosa fanno le associazioni di categoria come l'AIDAC per la tutela della professionalità del dialoghista?

L'Aidac opera a 360 gradi, sia sul fronte sindacale per la tutela del professionista sul piano dei rapporti di lavoro, sia su quello dei diritti d'autore - con la Siae - per ciò che riguarda la salvaguardia dei suoi interessi, sia su quello politico per sensibilizzare le istituzioni in merito ai problemi della categoria e per trovare correttivi normativi che tutelino sempre più la professionalità. Dal 1986 fa parte delle associazioni monitorate dal Cnel con l'obbiettivo di raggiungere la certificazione per i propri iscritti attraverso una serie di modifiche statutarie e regolamentari: ora per entrare nell'associazione è necessario sostenere un esame e si è sottoposti alla vigilanza di una commissione disciplinare. In capo a pochi anni tutti gli associati saranno sottoposti a un programma di aggiornamento e entreranno a far parte di un elenco professionale riconosciuto che sarà il punto di riferimento in un mercato che sempre più ha bisogno di garanzie e di qualità, anche per veder salvaguardati i diritti degli autori originari, degli interpreti e degli spettatori.