Intervista a Ornela Vorpsi, scrittrice

Argomento: L'intervista
Pubblicazione: 4 ottobre 2007

Si può proprio dire che durante tutto il Festival Babel, Ornela Vorpsi abbia rappresentato pienamente la figura della scrittrice babelica. Dopo il periodo italiano, adesso vivi tra la Francia e la Germania, scrivi però in italiano. Quale tipo di legame è rimasto con l'Italia? Un rapporto affettivo con questa lingua?

Mi sembra di provare affetto per tutte le lingue che conosco. A periodi m'innamoro una volta di una e poi dell'altra, meglio dire che sono una grande infedele. Però nella scrittura ho ancora bisogno dell'italiano. Con l'Italia ho un rapporto di simpatia estrema dovuto allo spirito giocoso, sensuale e bugiardo dell'italiano.

Una particolarità degli scrittori migranti risulta essere l'urgenza di scrivere per comunicare. La tua scrittura è molto diretta tanto da rendere ogni situazione narrata molto chiara. Si può dire che nella tua scelta di scrittura il "cosa si scrive" faccia parte di un espediente narrativo che vuole la precedenza sul "come si scrive" per evidenziare o lasciar trasparire una sintassi o una prosodia riconducibile all'area Balcanica?

Per me tutti e due i processi "cosa si scrive" e "come si scrive" sono molto importanti e vanno di pari passo. In questo sono rimasta Hegeliana o Marxista: forma e contenuto. Un solo processo non mi basta.

Predrag Matvejevic ha spiegato che per poter parlare del proprio paese e in un certo senso avvicinarsi meglio ad esso bisogna emigrare e fuggire. I tuoi libri esprimono una visione critica. Come vengono accolti dalla critica del tuo paese?

La critica è rimasta perplessa, alcuni non hanno apprezzato che abbia messo l'Albania così a nudo.

Di cosa scrivono oggi le nuove generazioni di scrittori del tuo paese?

Di tutto, come tutte le generazioni del mondo. E' impossibile generalizzare.

Tradurre un romanzo di uno scrittore migrante è un'impresa complicata perché spesso molto si gioca sul lasciar trasparire l'area geografica di provenienza e tradurre significa rendere certe espressioni nello stesso modo che usano gli stranieri nel corrispettivo paese scelto. Che rapporto hai con i tuoi traduttori? Hai la curiosità di capire se il testo è stato tradotto nel miglior modo possibile?

Certo che ho la curiosità ma per fortuna questo lavoro lo posso fare solo in francese e in inglese (o in albanese) perché altrimenti diventa infernale, non voglio neanche vedere come sono le altre traduzioni sono rimasta talmente ferita da certe traduzioni francesi, pur essendo una lingua sorella all'italiano, goffe e infelici. Ho dovuto riprendere quasi tutto. Immagina se si fa questo con altre edizioni, non si lavora più, si diventa matti.

Hai degli autori italiani di riferimento?

Primo Levi. Diamante.