Discorso di un albero sulla fragilità degli uomini

Argomento: Romanzo
Autore: Olivier Bleys
Pubblicazione: 8 marzo 2019

Quando mi è stato chiesto di scrivere una nota su Discorso di un albero sulla fragilità degli uomini, romanzo francese ambientato nella periferia di Shenyang, il primo aggettivo che mi è venuto in mente è stato «denso»: denso di metafore estremamente poetiche, denso di informazioni e riferimenti alla cultura cinese, denso di eventi incalzanti che rendono la trama avvincente e indimenticabile, denso di descrizioni quasi cinematografiche che ti fanno sognare a occhi aperti e ti fanno sentire parte di una storia lontana ma vicina, assurda ma realistica, di quelle che ti spingono con potenza a mettere in discussione la tua cultura e il tuo universo d’origine. Insomma, è proprio il caso di dirlo: una scrittura densa come la linfa del vecchio albero della lacca, protagonista del romanzo.

E tutto questo l’autore lo esprime plasmando la propria lingua, il francese, in modo magistrale, mescolando suoni e registri, prendendo in prestito modi di dire, allegorie, sinogrammi, sfumature linguistiche ed elementi tipici dei racconti cinesi. Accompagnati da uno stile unico e straordinariamente poetico, assistiamo così alla storia degli Zhang, umile famiglia cinese che vive in una vecchia città industriale, in mezzo a fabbriche dismesse e stabilimenti abbandonati. La loro lotta contro la compagnia mineraria che vuole espropriarli, la determinazione del protagonista a non abbandonare la casa di famiglia, l’accanimento della compagnia mineraria che scava intorno al podere fino a trasformarlo in una cosiddetta «maison-clou», un chiodo di terra estremamente tenace e difficile da estrarre, ci rivelano le contraddizioni della Cina contemporanea. Centrale la figura del vecchio albero della lacca, sentinella immutabile del nefasto destino che si abbatte sulla famiglia e del declino di una società stretta nella morsa della globalizzazione.

La traduzione di questo romanzo è stata una vera e propria avventura. Mai come in questa occasione ho avuto la netta sensazione di partire zaino in spalla alla scoperta di un mondo sconosciuto e affascinante, guidata dalla sensibilità, dall’esperienza e dall’intelletto di uno scrittore la cui biografia denota un’incredibile apertura verso altri mondi e culture. Ne deriva uno stile unico, caratterizzato dall’alternarsi di un ritmo incalzante, tipico delle società consumistiche e capitalistiche, e di una surreale e profonda calma, specchio di una famiglia tradizionale, forse sonnecchiosa e priva di ambizioni, ma al contempo orgogliosa e rispettosa delle proprie radici e indelebilmente legata al destino del vecchio sommacco. Se da un lato assistiamo quindi a tanti piccoli riti quotidiani, portati avanti dalla famiglia nell’estenuante sforzo di sopravvivere a un mondo ormai in movimento e destinato a cambiare radicalmente, dall’altro l’arrivo del capitalismo si manifesta in modo inquietante e oscuro. Non solo attraverso i rumori dei cantieri, le scavatrici sempre in moto, le luci accese tutta la notte, gli operai in azione ventiquattr’ore su ventiquattro, ma anche attraverso la misteriosa comparsa su tutti i muri di un manifesto del municipio che annuncia la convocazione degli abitanti del quartiere, scatenando un’ansia e un malessere montati ad arte dall’autore. «A quella distanza, era impossibile leggere il testo stampato. Tranne il titolo a caratteri cubitali: “Convocazione”, che si ripeteva di manifesto in manifesto come uno slogan scandito da una folla di fanatici». «Erano affissi a chiazze, come un herpes che si diffonde sulla pelle malata». Altro passaggio emblematico è quello in cui l’autore usa, per rendere efficacemente il contrasto tra l’umile vita del protagonista e il lusso sfrenato del suo padrone di casa, un’immagine legata al rumore che fanno le tessere del mahjong: «Wei conosceva il rumore secco e duro delle tessere di plastica che si urtavano su un tavolo di legno, ma ignorava quello più sordo delle tessere di avorio sul tappeto di feltro».

Questi sono solo due degli esempi di come l’autore sia riuscito a rivisitare in chiave moderna l’impari lotta tra Davide e il gigante Golia e di come a volte la traduzione letteraria possa trasformarsi in un crocevia di lingue e culture che rende il mestiere del traduttore ancora più arduo e il tentativo di immedesimazione molto più complesso.