10 domande a Rossella Bernascone, traduttrice letteraria dall'inglese

Argomento: L'intervista
Pubblicazione: 13 dicembre 2004

Rossella Bernascone è nata a Torino, dal 1988 è docente presso l'Università di Torino, è traduttrice di numerosi autori tra cui Conrad, Carter, Mamet, Shepard, Shakespeare, Marcus, Keats… Le sue traduzioni sono state più volte segnalate dalla giuria del Premio Città di Monselice.

Quando è cominciata la tua attività di traduttrice?

Ho cominciato a tradurre a 23 anni durante un pionieristico seminario di traduzione di Barbara Lanati all'Università di Torino. Traducevamo le poesie di Amy Lowell che sono uscite 11 anni dopo, nel '90, in uno di quegli splendidi volumetti bianchi di Einaudi. Poi ho fatto una tesi di traduzione, questa volta teatro, e a poco a poco sono arrivate le prime offerte di traduzioni letterarie. Il primo lavoro professionale, pubblicato dalle Edizioni delle Donne, si intitolava programmaticamente (o ironicamente) Son soldi i soldi, erano saggi di Gertrude Stein sulla scrittura e il denaro.

Quale letteratura preferisce tradurre?

Quella impossibile. No, è un po' esagerato, ma amo tradurre i libri sperimentali; amo tradurre i libri corti; amo tradurre i libri ben scritti, quelli che mi costringono a ricerche, a migliorarmi.

Quando legge le recensioni di romanzi che ha tradotto, si sente coinvolta?

In genere sì, ma con gradi diversi. È ovvio che mi sento assai coinvolta se citano la traduzione o se dalla recensione traspare in qualche modo il mio ruolo. Ricordo una cosa che mi aveva tanto divertita: sulla rivista Elle avevano pubblicato gli incipit di tre romanzi chiedendo ai lettori di indovinare se a scrivere quelle parole era stato un autore o un'autrice. Uno di testi era l'incipit di Calum il rosso di Alistair McLeod, un uomo, ma le parole citate le aveva anche scritte una donna, cioè io - la sua traduttrice. Quella volta ero felice di essere coinvolta: felice di esserci, di essere stata ponte. Almeno in quell'occasione, non mi era dispiaciuto di non veder citato il nome del traduttore; avevo gustato un piccolo segreto: tutti voi (i lettori e il redattore, o la redattrice), svelato l'autore, penserete che si tratti di un uomo che scrive come una donna, invece, in questo caso, è una donna che scrive come un uomo.

È importante per un traduttore potersi confrontare con l'autore?

Dipende. Non credo che si possa generalizzare. Penso che intendi parlare con l'autore, perché ovviamente la traduzione è un continuo confronto con l'autore. No, non mi dispiace non poter discutere le mie scelte traduttive con Shakespeare, Conrad, Angela Carter. E non solo perché sono morti, ma perché credo che la loro lingua e le loro opere abbiano una tale distanza da me, loro traduttrice, che una conversazione, una telefonata, un'email non potrebbero comunque colmare. Anche con Alistair McLeod, vivo e vegeto e relativamente vicino nel tempo e nello spazio: la lingua di Calum, un'inglese che mi ha fatto piangere di commozione mentre traducevo, è una lingua in cui sento di potermi solo tuffare e non discutere. Ma è diverso per altri autori. Sono stata felice di avere contatti con Ben Marcus e Lawrence Norfolk mentre li traducevo. Ora però dico una cosa che sono pronta a sconfessare, ma ho come la sensazione che un'opera veramente grande non abbia bisogno di chiarimenti in fase di traduzione. Dev'essere un'affermazione idealistica, ottocentesca, quella che ho appena fatto. Quasi me ne vergogno, eppure mi convince, nel senso che Cuore di tenebra o Amleto sono in qualche modo traducibili nonostante la piccolezza del loro traduttore. Non prendermi troppo sul serio, però.

Quale scrittore sogni di tradurre?

Keats. Per l'esattezza sogno di averlo tradotto, perché lo sto traducendo: ho un contratto che scade a giugno 2007 e sogno il momento in cui la traduzione sarà completata. Sai cosa sogno davvero di fare? Sogno di insegnare traduzione al liceo. Quest'anno lo faccio per conto della Scuola Holden in un liceo classico di Torino. È meraviglioso educare giovani lettori alla traduzione. È meraviglioso vederli uscire dal pantano delle versioni scolastiche per assaporare il piacere della letteratura in traduzione. E poi sogno il momento in cui i grandi traduttori come Riccardo Duranti non diranno più che la traduzione è il male minore.

Qual è l'immagine del traduttore che emerge dai media?

Ma che domanda difficile. Almeno per me che non amo troppo i media. Be', sabato scorso nella trasmissione di Amici, grazie a Busi che lodava le traduzioni della collana di classici che dirige per Frassinelli, la figura del traduttore emergeva in tutto il suo splendore nascosto.

Il traduttore è anche scrittore?

Indubbiamente. Non manco mai di dire che per me la traduzione è un genere letterario, come la prosa, la poesia e la scrittura teatrale.

Al traduttore viene richiesta molta competenza e professionalità, quanto viene ricambiato?

Se parli di compensi conosci già la risposta. Molte case editrici, però, stanno dimostrando una grande fidelizzazione ai loro traduttori. Nel bene e nel male. Nel mezzo del cammin della mia vita posso scegliere gli autori che voglio tradurre, e anche se i tempi di consegna e le tariffe non coincidono sempre con i miei desideri, sono più vicini alla soddisfazione. Per la mia generazione era, credo, impensabile vivere di sole traduzioni letterarie, quindi la fiducia dell'editore, il rispetto dei colleghi, l'interesse degli aspiranti traduttori e qualche nota, possibilmente positiva, da parte dei recensori fanno sentire ricambiati. Compensi congrui e tempi di consegna adeguati poi fanno sentire ancora più ricambiati.

Ti piacerebbe che le riviste letterarie dedicassero uno spazio alla traduzione e ai traduttori?

Mi sembra che ci stiamo muovendo in quella direzione, specialmente negli ultimissimi anni. Di recente però guardavo la rivista (pubblicitaria) Il Libraio (Longanesi Guanda Ponte alle Grazie Garzanti Tea Corbaccio Nord Salani Vallardi Rough Guides), d'accordo non è letteraria, ma tenta di vendere libri, be', non un nome del traduttore a pagarlo oro, anche se dei 174 libri reclamizzati (con l'esclusione delle Rough Guides che credo siano tutte tradotte) ben 147 erano traduzioni, l'84,5%.

Puoi consigliarci una rivista letteraria che ama parlare di traduzione?

Io sono una fan sfegatata di Testo a fronte fondato da Buffoni nel nel 1989. Ho tutti i numeri e li conservo religiosamente.