In un elegante spazio rosa, espressamente a loro dedicato, i libri antichi e rari hanno ritrovato quest'anno il loro posto al Lingotto, come già nelle due prime edizioni, venti anni fa, quando la Fiera aveva addirittura un altro nome, Torino Esposizioni e che oggi compie, appunto, vent'anni. La A.L.A.I. ha quindi deciso di tornare e tentare l'arduo connubio tra libri antichi e nuovi.
Per avvicinare il pubblico completamente digiuno di collezionismo, i librai antiquari hanno proposto una serie di incontri: didattici, di approfondimento e per gli addetti ai lavori.
Può sembrare paradossale ma è ormai assodato che il mercato del libro antico suscita un più grande interesse se proposto in eventi a sé e di respiro fortemente internazionale, argomento trattato nell'incontro "Sotheby's e Bloomsbury. Case d'asta a confronto".
La maggiorparte dei soci ALAI ha portato un repertorio di letteratura del Novecento come ulteriore tentativo per abbattere l'inspiegabile barriera che intimorisce il pubblico e che esiste tra libro antico e libro nuovo. Con le loro tavole rotonde si sono inoltre collegati a un'altra nuova presenza in Fiera, quella del fumetto "Letteratura e fumetto. Collezionare letteratura disegnata". Probabilmente qualche editore di libri nuovi si è avvicinato allo spazio rosa con l'intenzione di rintracciare qualche prima edizione. Chissà se ciò è successo… bisognerebbe chiedere a loro. È successo però che la loro presenza abbia suscitato interesse da parte di alcuni personaggi noti. Tra loro Juan Diego Flores, il famoso tenore peruviano che si è soffermato su una prima edizione a tiratura limitata del "Candide" di Voltaire, libro proveniente dalla biblioteca personale di Arlette Dorgère, famosa attrice parigina dei primi del Novecento. Il tenore ha voluto raccontarci di aver acquistato il libro per regalarlo allo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, amante della letteratura francese e traduttore.
Sull'argomento "traduzione" il Presidente dell'ALAI, Umberto Pregliasco, sensibile alle prime edizioni di traduzioni dice: "La traduzione è un discorso che mi affascina molto perché ritengo finora trascurata l'importanza che la traduzione ha avuto nei secoli: per la prima volta un'opera poteva essere letta e compresa non solo da un ristretto pubblico colto, ma anche dal volgo. Purtroppo è difficilissimo individuare queste edizioni, a causa della totale assenza di bibliografia".
Parlando dell'affascinante mondo del libraio antiquario, Pregliasco spiega perché tra tutti, Umberto Eco è lo scrittore che attraverso i suoi romanzi ha reso famigliare presso il grande pubblico, il mondo ignoto e oscuro delle biblioteche medioevali e dei libri antichi. Pregliasco racconta una storia davvero affascinante della sua lunga attività di libraio antiquario, di come ha conosciuto lo scrittore: "Ho avuto la fortuna di conoscerlo agli inizi della mia attività nel settore dei libri, ormai oltre 25 anni fa, mentre stava scrivendo quel capolavoro che è Il nome della rosa. All'epoca veniva con più assiduità a Torino e passava spesso in libreria; mi piace anzi pensare che già negli anni Cinquanta, giovane e sconosciuto studente, Eco frequentasse timidamente la libreria di mio nonno, all'epoca situata proprio di fronte al Collegio Universitario, dove risiedeva durante i suoi studi all'Ateneo torinese, conclusi con una tesi sull'estetica in San Tommaso.
Devo dire che in tutti questi anni non sono ancora riuscito a capire se, nell'origine dei romanzi di Eco nasca prima l'uovo o la gallina, ovvero se sia l'ispirazione a guidare la collezione dei libri, o il possesso dei testi ad ispirare la scrittura, fatto sta che la stesura di tutti i suoi romanzi è supportata da una profondissima documentazione sull'argomento trattato, attraverso la costituzione della più vasta collezione possibile non solo di testi recenti, ma soprattutto delle edizioni originali delle opere sull'epoca. Così è stato per le Cronache Medioevali, gli erbari, i testi sulle droghe, i labirinti o l'Inquisizione per il suo primo romanzo (inutile dire che il mio sogno di libraio è quello di trovare un manoscritto del perduto secondo libro della Poetica di Aristotele, quello sul ridere, causa degli omicidi di Jorge e dell'incendio della biblioteca del convento, tuttora teatro dei miei più atroci incubi di libraio).
La stessa meticolosa ricerca si è verificata per i testi alchemici e sui Rosacroce per la stesura de Il Pendolo di Foucault, oppure per le opere dei Gesuiti, sull'astronomia e la navigazione per L'isola del giorno prima, a proposito del quale vorrei sottolineare una raffinatezza che forse solamente un attento bibliofilo potrebbe aver notato: quasi tutti i 40 capitoli del romanzo, corrispondono in realtà ad altrettanti titoli, altamente suggestivi, di più o meno celebri libri secenteschi, dalla Grand'Arte della Luce e dell'Ombra ed altre due opere di Athanasius Kircher, al Serraglio degli Stupori del Garzoni, dalla Scienza d'arme di Agrippa, al Cannocchiale Aristotelico del Tesauro, dall' Orologio oscillatorio di Huygens, alle Artificiose Macchine di Ramelli, dai Massimi sistemi di Galileo, alla Nautica rilucente di Pietro Rosa, fino al dimenticato Labirinto del mondo e paradiso del cuore pubblicato in lingua ceca vicino a Dresda nel 1631 da tale Komeneski. Insomma già il solo indice di questo romanzo costituisce un vero e proprio inno alla bibliofilia.
La ricerca di Eco per documentare i propri romanzi, è proseguita per libri e carte sull'assedio di Casale, su Niceta Coniate, Federico Barbarossa e le Crociate per Baudolino e per libri, fumetti e riviste degli anni 30-40 per La misteriosa fiamma della Regina Loana, in cui, tra l'altro, il protagonista è proprio un libraio antiquario, dal nome - emblematico - di Giambattista Bodoni, che ritrova la memoria perduta grazie alla rilettura dei libri della propria infanzia.
E dunque in tutti questi anni Eco si è rivolto a me, e ad alcuni altri librai, purtroppo, per ricercare libri su tutti questi argomenti, per essere consigliato, ma per lo più consigliare, data la sua conoscenza, vi assicuro fenomenale, della bibliografia, delle varie edizioni, e dei prezzi...
E' nata così, una quasi amicizia, tra noi, come succede spesso nei rapporti tra il libraio e il bibliofilo. Si instaura una quantità di scambi di consigli, di sensazioni, di cultura, ancor prima che di merce e di denaro; e di lettere, e-mail, e di telefonate, a volte talmente confidenziali che devo dire che ogni tanto mi sembra di lavorare ad un telefono amico.
Con Eco, oltre alla piemontesità, ed all'amore per i libri, mi unisce il piacere di giocare con le parole, e l'avere lo stesso nome, fatto che ha forse contribuito a facilitare i rapporti: conservo gelosamente le lettere in cui il Professore si rivolge a me come "Caro Omonimo", e confesso che uno dei miei giochi mentali preferiti è quello di provare ad indovinare, in base ai libri antichi che ricerca, quale sarà l'argomento del romanzo o del saggio che ha in mente di scrivere; spesso si tratta di temi tra i quali pare impossibile trovare una connessione; ma puntualmente ricevo poi il volume, con la dedica "così capisce perché cercavo il tal libro.".
Naturalmente, non tutti i collezionisti di libri antichi sono personaggi fuori dal comune come Umberto Eco, ma vi garantisco che in quasi tutti i bibliofili è insito un germe di follia positiva che fa sì che quello del libraio antiquario sia uno dei lavori più belli del mondo, perché ci permette di imparare, pressoché ogni giorno, cose nuove dai clienti, che sono esperti in un campo molto specifico, oltre che dagli stessi libri che acquistiamo e schediamo, per poterli poi, spesso a malincuore, vendere. Nella società contemporanea, il libro antico deve rivestire il ruolo di memoria storica del sapere del passato: il libraio antiquario, con la sua ricerca, deve essere una fonte capace di soddisfare il bisogno di conoscenza e di possesso che è insita in ogni bibliofilo, e di stimolare nuove curiosità e interessi.
Dovrebbe essere riconosciuto al libraio antiquario un ruolo primario di operatore culturale, ben lontano dall'opinione che lo identifica in un semplice mercante; anche perché non è possibile, a nessun livello, intraprendere questo mestiere senza essere animati da un profondo amore per la carta stampata.
La bibliofilia è infatti un genere di collezionismo anomalo: un libro non lo si può ammirare di continuo in casa propria, né soprattutto ostentare ai propri conoscenti, come accade con un quadro o una scultura. La fruizione del libro antico è un piacere strettamente privato: il bibliofilo decide di godersi, in quel preciso momento, il possesso e la consultazione di quell'edizione, andandola a cercare, a volte con difficoltà, fra gli scaffali della propria biblioteca. Sovente mi si chiede come io possa alienare un libro che mi piace; innanzitutto, il fatto di essere obbligato a vendere i libri, mi permette di acquistarne altri, e di possedere, seppur per un periodo di tempo limitato, molte più rarità di quanto qualsiasi collezionista potrebbe ambire. Inoltre, il fatto di avere trovato quel libro, in una biblioteca privata, o in un'asta, averlo studiato, e proposto su un catalogo, fa sì che quel determinato esemplare, con quella legatura, con quelle note di possesso, con quei difetti, quelle gore d'acqua e quei tarli, resti comunque per sempre anche un po' mio, indipendentemente dai passaggi di proprietà che potrà fare in futuro.
Riallacciandomi al saggio di Eco "La memoria vegetale e altri racconti", sono certo che il libro su carta, supporto vegetale della memoria della civiltà umana, venuto dopo la prima memoria minerale delle incisioni rupestri, e dopo quella animale dei manoscritti su pelle di pecora, potrà forse essere affiancato, ma mai essere soppiantato dalla diffusione della nuova memoria minerale registrata sul silicio dei chip del computer."