Intervista a Vanni Bianconi, direttore artistico di Babel Festival

Argomento: L'intervista
Pubblicazione: 24 luglio 2014

Vanni Bianconi vive tra Locarno e Londra. Dirige il Festival di letteratura e traduzione Babel e traduce dall’inglese (tra gli ultimi autori tradotti, William Somerset Maugham per Adelphi, Wystan Hugh Auden e William Faulkner per Transeuropa). La sua traduzione dell’Oratorio di Natale di W.H. Auden ha vinto il Premio Marazza Opera prima 2012. La sua prima silloge poetica, Faura dei morti, è apparsa nell’Ottavo quaderno italiano di Marcos y Marcos nel 2004. Il suo primo libro, Ora prima. Sei poesie lunghe (Casagrande 2008), ha vinto il Premio Schiller incoraggiamento. Il secondo libro, Il passo dell’uomo, è stato pubblicato nel novembre 2012 da Casagrande. È uno dei curatori del numero 52 della rivista di traduzione poetica Testo a fronte.

Babel Festival, il festival letterario di Bellinzona, si terrà quest’anno dall’11 al 14 di settembre con una programmazione che mette in scena la letteratura delle Antille e quest’anno gli ospiti rappresentano un ventaglio ricco di influssi linguistici - spagnolo, inglese, olandese, portoghese, hindi, cinese, varietà di patois e creoli. Possiamo già pensare a un’edizione che attraversa i confini?

L’attraversamento dei confini è una metafora centrale per Babel in particolare, e per la traduzione letteraria in generale. Nel caso di questa edizione caraibica del festival, l’attraversamento più inusuale e necessario è quello del mare, il Mare dei Caraibi che divide le varie isole: prima di superare i confini, in questo caso è necessario avvicinarli, renderli percepibili. Nelle isole caraibiche sono molti gli scrittori che sanno appropriarsi delle lingue e delle culture conquistate attraverso secoli di sfruttamento e sopruso (il "bottino di guerra") per piegarle alle loro necessità, per esempio contaminando le lingue standard con elementi (lessicali, sintattici, tonali) del creolo o delle parlate locali, con esiti espressivi straordinari. Questo è uno dei motivi per i quali questa edizione del festival segue quella dedicata alla francofonia africana, in cui il francese standard viene "rispettato" molto di più. Ma malgrado questo sia un elemento che lega le varie isole dei Caraibi, a livello letterario tra le isole non vi è quasi comunicazione, e in particolare tra le isole di lingue diverse, dato che mancano le case editrici, le traduzioni, le distribuzioni che permettano ai vicini di leggersi reciprocamente. Molti degli scrittori invitati, e degli operatori culturali caraibici che saranno presenti al festival, hanno espresso curiosità e gratitudine per questa occasione di incontro e di confronto.

Per quanti ancora non lo conoscono, come descriveresti Babel Festival?

Babel è il festival letterario centrato sulla traduzione, sia in senso stretto – scrittori che hanno uno stretto rapporto con più lingue o più culture a dialogo con i loro traduttori italiani, laboratori di traduzione, traduzioni tra le arti e pubblicazione di libri – sia come metafora di ospitalità linguistica, attraversamento e incontro. Ogni anno Babel invita una lingua ospite, e questa si presenta sotto forma di scrittori, artisti, musicisti e traduttori: l’ungherese, le lingue balcaniche, gli inglesi uniti d’America, il russo, lo spagnolo messicano, le lingue della palestina, il polacco, il francese d’Africa e le lingue delle Antille, con ospiti come Derek Walcott, Amitav Ghosh, Mourid Barghouthi, Adam Zagajewski, Ismail Kadaré, Jamaica Kincaid, Ljudmila Ulickaja, Ruben Gallego, Paco Ignacio Taibo II, The Tiger Lillies, West-Eastern Divan Orchestra e András Keller. Accanto alla programmazione letteraria, denominata «La parola oltre i confini», con «Oltre i confini della parola» Babel estende la sua ricerca agli altri linguaggi artistici. Completano il festival il Settore ricerca, Scuole, extraBabel, infraBabel.

Babel Festival dedica delle pubblicazioni alle letterature e agli scrittori in rassegna?

Sì, e questa è una delle dimensioni del festival in costante sviluppo, e che ci sembra di grande importanza. Da un lato, per scegliere le tematiche e gli scrittori più significativi per la cultura ospite si fa ogni anno un enorme lavoro di ricerca, che può essere sfruttato al di là dei quattro giorni del festival. E dall’altro, al momento può essere più facile finanziare un evento che un progetto editoriale. Se a questo si aggiunge l’ampia rete di contatti e collaborazioni intessuta negli anni, si arriva alla conclusione naturale che un evento come Babel può e deve travalicare i limiti del festival, e impegnarsi a creare contenuti che rimangono, che siano libri, articoli, video, rubriche, ecc. Ed è quello che facciamo, pubblicando ogni anno diversi libri in collaborazione con case editrici svizzere, italiane e internazionali, e curando uscite su vari media, per esempio la rubrica Babel su Doppiozero. In queste sedi, si pubblicano libri degli autori presenti al festival, ma anche riflessioni sulle culture ospiti in generale e sulla traduzione.

Per quanto riguarda gli scrittori, alcuni sono già molto noti mentre altri pur essendo noti nel loro paese sono quasi sconosciuti da noi, è un obiettivo del festival promuovere questi autori all’estero?

Negli ultimi anni, l’edizione polacca dedicata alla non-fiction, e soprattutto quella dedicata alla francofonia africana, in cui sono stati invitati soltanto scrittori giovani e molto giovani (perché l’elemento generazionale svolge un ruolo importante nella produzione letteraria dei giovani paesi africani), e quella caraibica, sono stati invitati quasi solo scrittori poco conosciuti in Italia. Ogni anno questa scelta è stata fatta per motivi diversi, legati al taglio dato alla singola edizione, ma probabilmente affonda nella tendenza a cercare di mostrare quello che sta accadendo con maggiore urgenza nel paese ospite, e che quindi urta gli stereotipi che facilitano l’esportazione di prodotti di una cultura lontana. Quest’anno, tra le varie pubblicazioni, segnalo l’antologia che riunisce racconti di tutti gli scrittori invitati, Asimmetrici arcipelaghi per Cascio editore, e il libro di viaggio di Matteo Campagnoli e Stefano Graziani per Humboldt/Quodlibet: www.babelfestival.com/babel2014/infrababel

Babel Festival dedica particolare attenzione alla traduzione letteraria, ha quindi anche l’obiettivo di promuovere la figura del traduttore?

Sì, certo, in vari modi, dalla presenza dei traduttori sul palco, in dialogo con gli autori tradotti (che garantisce un affondo nel testo difficile da raggiungere in dialogo con giornalisti o accademici o professionisti dell’intervista), all’attenzione ai traduttori nelle pubblicazioni, ai laboratori e simposi dedicati alla traduzione letteraria, al fondo Babel presso la Biblioteca di Bellinzona, all’istituzione di un premio per traduttori letterari under 35, che vuole aiutare chi si lancia in questa bella e difficile carriera.

Babel Festival è un evento molto atteso a Bellinzona, in questi anni ha portato dei vantaggi anche al territorio?

Certo, in molti modi, portando scrittori meravigliosi, da tutto il mondo, che di anno in anno cercano di portare una visione della loro cultura e del loro lavoro di scrittura; formando giovani traduttori, ma anche operatori culturali, che si sono formati a Babel; portando l’attenzione dei media nazionali e internazionali sulla regione; portando avanti un’idea di cultura e di ricerca che continua a generare senso e a espandersi con collaborazioni e riconoscimenti in Svizzera e all’estero.

Babel Festival svolge altre attività durante il resto dell’anno?

Oltre al lavoro di ricerca c’è il programma extraBabel che porta scrittori e traduttori in centri culturali svizzeri e italiani, crea residenze per scrittori e traduttori, organizza programmi per le scuole del cantone Ticino.

Qual è l’incontro di questa edizione a cui tenete di più?

È sempre la domanda piu’ difficile, e in un’edizione varia e eterogenea come questa lo è ancora di più. Sicuramente due grandissimi scrittori come Chamoiseau e Lovelace, che proprio grazie al loro lavoro sul francese e sull’inglese sanno dare risonanza universale alle dimensioni più locali e marginali delle loro isole, ma anche giovani scrittrici come la rock star Rita Indiana e Elizabeth Walcott-Hackshaw, o lo scrittore di Haiti Lyonel Trouillot o il concerto di calypso! di David Rudder.

Oltre alla letteratura Babel dedica attenzione anche ad altre espressioni artistiche, cosa c’è in rassegna quest’anno?

Appunto il concerto, uno dei più grandi calypsonian viventi, David Rudder, ripercorrerà la storia di uno dei generi musicali più straordinari, ribelli, divertiti e narrativi, il calypso. Genere che ormai si è trasformato e non esiste più, ma come accade nei Caraibi è stato trasformato, riutilizzato, rivenduto e continua a far ancheggiare l’intelligenza e a illuminare di idee il corpo. Per Babel, Rudder eseguirà una personale storia del calypso, dalle origini alle sue composizioni più recenti.

Sono previsti anche dei momenti di didattica con dei workshop?

Sì, come ogni anno ci saranno i workshop di traduzione letteraria, tenuti da alcune tra le migliori traduttrici italiane (quest’anno Franca Cavagnoli e Yasmina Melaouah), e che danno la possibilità di lavorare con gli autori tradotti.