intervista a Viviana Sebastio traduttrice dal neogreco

Argomento: L'intervista
Pubblicazione: 6 luglio 2020
Viviana Maglio Sebastio è traduttrice dal neogreco e dall’inglese. Laureata in Lingue straniere e Traduzione, presso La Sapienza, vive e lavora a Roma con frequenti soggiorni nella sua amata Grecia. Si occupa di traduzione editoriale e audiovisiva, di editing e di scouting letterario. Frequenta le librerie – pare che ne desideri una tutta sua, sul mare – e si diletta di scrittura, con apparizioni in rete come web content editor. Ha collaborato con Iperborea per il volume dedicato alla Grecia, nella collana The Passenger. Ha tradotto e curato: L’alba è un massacro signor Krak (EditoreXY.IT), raccolta di prose e poesie di Thomas Tsalapatis, vincitrice del Premio Inedito - Colline di Torino 2018; Stampalia. Perla del Dodecaneso. Avamposto dell’Europa (Aracne Editrice), diario di viaggio di Athinà Tarsuli dedicato alla remota isola di Astypàlea, e diverse raccolte di favole e racconti greci. Si dedica con gioia all’organizzazione di eventi culturali, in particolare di rassegne che portano sul grande schermo il fermento del cinema greco del Secondo Millennio. Realizza, inoltre, laboratori didattici dedicati all’infanzia, per avvicinare anche i più piccoli alla conoscenza dell’affascinante lingua greca. Cura il sito Leggi la Grecia, dedicato alla letteratura neogreca pubblicata in Italia e nel suo blog Metafrasando, propone, in sua narrazione o traduzione, grandi e piccole storie provenienti dalla Grecia contemporanea.


Buongiorno Viviana, quando hai deciso di fare la traduttrice dal neogreco?
Bentrovata cara Dori. La tua domanda mi riporta indietro nel tempo. Sin da poco più che bambina ero affascina-ta dalle lingue straniere e dal contatto con culture diverse dalla mia. A scuola studiavo inglese e francese, e nel tempo libero mi dedicavo a scambi epistolari in lingua con amici di penna e alla traduzione di racconti e canzoni. Da allora non ho mai smesso di tradurre.
Poi ho “scoperto” la Grecia e il passo è stato breve. Anche grazie agli studi universitari presso la Cattedra di Lingua e letteratura neogreca alla Sapienza, sotto l’appassionata e sapiente guida della docente Paola Maria Minucci, mi sono addentrata sempre più nella conoscenza della cultura greca contemporanea. Il desiderio di condividere la continua rivelazione di questo Altrove, al contempo a me intimamente familiare, mi ha portata sulla via della traduzione.
Grazie alla fervida attività della Cattedra di neogreco e alle numerose borse di studio di cui ho usufruito in varie università elleniche, finanziate dal Governo greco, ho potuto approfondire sempre più la conoscenza della lingua e della cultura ellenica, e alimentare la mia passione per questa terra.
Per un traduttore, come sai, la formazione è continua. Più di recente, per esempio, ho potuto partecipare, previa selezione, al validissimo e unico nel suo genere “Laboratorio italiano”, programma di formazione permanente in residenza per traduttori letterari – nel 2019 dedicato alla poesia –, promosso e finanziato dalla Casa dei traduttori Looren (Svizzera) e coordinato dalle eccelse traduttrici Marina Pugliano e Anna Rusconi.

Come sei arrivata a occuparti di traduzione letteraria?
La traduzione è comunione, è condivisione, non se ne può fare a meno. Abbatte i confini dell’incomunicabilità e permette la circolazione di culture e di idee. Le lingue, le lettere e gli individui ricevono ossigeno da tale scam-bio, in mancanza del quale vivremmo confinati in asfittici limiti geografici e temporali. Ecco alcune delle le ragioni principali per cui traduco.
Tradurre è anche una responsabilità ma al contempo un privilegio, attraverso la traduzione puoi penetrare a fon-do l’opera letteraria. Il traduttore, come afferma Gesualdo Bufalino, è l’unico autentico lettore di un testo. Infatti il critico è solo il corteggiatore volante, l’autore è il padre e marito, mentre il traduttore, in tal caso la traduttrice, è l’amante.

Che posto occupa a tuo parere la letteratura neoellenica in Italia?
Dal mio punto di vista lo spazio che l’editoria dà alla letteratura neogreca è piuttosto ridotto, come d’altronde quello riservato anche ad altre letterature ritenute “minori”. Ed è una gran perdita, perché ogni letteratura è im-portante e va a comporre parte di quel grande e prezioso mosaico della cultura europea, nonché mondiale. Ti vorrei dare qualche dato. Nel 2018, dal rapporto dell’AIE – Associazione Italiana Editori –, l’Italia ha acqui-stato dall’estero più diritti di quanti ne abbia ceduti. Il 60 per cento circa delle opere tradotte in italiano provengono, come è evidente dagli scaffali delle librerie, dalla lingua inglese, quasi un 30 per cento è suddiviso tra la lingua francese, spagnola e le lingue slave. Solo l’11 per cento delle traduzioni provengono da “altre lingue”, tra cui la greca. Un sostegno economico da parte del nostro Governo, per la traduzione di opere significative, aiute-rebbe, forse, l’editoria a far crescere questo 11 per cento e ad aprire le nostre letture anche su altre realtà cultura-li ora trattate come marginali.
Nell’ambito di questo quadro generale, in Italia sono stati tradotti e pubblicati molti più libri di letteratura neo-greca di quanto non si creda. Si pensi anche solo a Crocetti che, nella collana Aristea, nel corso degli anni ne ha editi più di ottanta. Mi sono resa conto che ciò che manca è più che altro una visione d’insieme. Sto cercando quindi, nel mio piccolo, di raccogliere in una sorta di catalogo i titoli greci editi in Italia nell’ultimo trentennio. La lista, pubblicata nel mio sito “Leggi la Grecia”, è in corso di completamento e spero che necessiti di essere aggiornata di continuo. Se andrete a spulciarla scoprirete anche una varietà di generi, troverete infatti prosa, poe-sia, ma anche fumetti e letteratura per l’infanzia.
Negli ultimi due anni, per esempio, diversi bei libri greci sono arrivati a infoltire il catalogo. Il più recente è l’importante e imponente progetto editoriale di Donzelli che ha pubblicato, per la cura e la traduzione di Paola Maria Minucci, tutte le poesie di Konstandinos Kavafis, in unico volume. Poi a ritroso, e in ordine sparso, ci sono “Il detenuto zero”, giallo matematico di Yiannis Karvelis tradotto da Giuseppina Di Lillo per i tipi di Vo-land; l’ultima fatica di Ersi Sotiropoulos “Cosa resta della notte”, romanzo di grande successo internazionale, edito da Nottetempo, tradotto da Andrea Di Gregorio. "Il miracolo di respirare”, di Dimitris Sotakis, tradotto da Maurizio De Rosa per Del vecchio editore, e “L’alba è un massacro signor Krak” di Thomas Tsalapatis, opera che fa lo slalom tra prosa e poesia e che è stato pubblicato in mia traduzione da XY.IT Edizioni, casa editrice coraggiosa e originale.
Non mancano i racconti con “Trenta e un racconto del Novecento greco”, a cura di Maria Perlorentzou, per Ar-go edizioni, e la letteratura per l’infanzia con il pluripremiato “I cuscini magici” di Evghenios Trivizàs, tradotto da Tiziana Cavasino e pubblicato dalla vivace Camelozampa. E l’elenco non finirebbe qui.

Quali difficoltà incontri nel tuo mestiere di traduttrice dal neogreco? Sono gli editori che ti contattano oppure è più semplice trovare un editore interessato agli autori neogreci?
In editoria nulla è semplice, come ben sai. È bene tentare tutte le strade. Mi appassiona cercare autori e opere da proporre alle case editrici italiane – a dirla tutta non riesco a farne a meno –, tuttavia non sono mancate le occasioni di essere contattata da editori, da istituzioni o da autori per un incarico di traduzione.
Un esempio è “Stampalia”, il diario di viaggio che la poetessa, scrittrice e pittrice greca Athinà Tarsuli dedicò nel 1948 alla piccola e remota isola di Astypàlea, nota anche come Stampalia. L’opera è stata pubblicata in Italia in un prezioso volume, ricco anche di raffinati disegni dell’autrice, grazie alla volontà di un erede della famiglia veneziana dei Querini Stampalia, in un tempo molto lontano, feudatari di quell’isola e proprietari dell’antico e imponente Castro che tuttora, seppur provato dai secoli e dalle intemperie, veglia sull’isola.

In base a quali criteri scegli gli autori che traduci e quali sono i tuoi rapporti con loro?
Le mie scelte non sono dettate da logiche di mercato. Indago tra i generi che prediligo, sulle tracce di ciò che può generare in me – e spero in seguito anche nei lettori – interesse e stupore. Quando entro in una libreria greca non posso fare a meno di scandagliare gli scaffali e, leggendo le sinossi e alcune pagine di vari libri, avverto una certa ebbrezza nel presagire il piacere che proverei nel tradurli e nel condividerli con altri lettori. Quando poi passo alla sezione poesia, lì mi prende un senso di vertigine inebriante: la Grecia è la terra della poesia.
I miei rapporti con gli autori con cui collaboro sono sempre molto cordiali, talvolta persino affettuosi. Ma questo ritengo dipenda molto dalla natura dell’animo greco, accogliente e fatalista, generoso e diretto, senza alcuna spocchia, assente anche in autori di calibro internazionale.

Thomas Tsalapatis è un autore greco che hai tradotto in italiano e a cui sei molto legata. Cosa rende così speciale la sua scrittura?
È vero, sono molto legata a Thomas Tsalapatis, nel tempo è cresciuto tra noi un sentimento di stima reciproca e di affetto. Ho conosciuto Thomas ad Atene al suo esordio letterario nel 2011. In quello stesso anno il poeta ha ricevuto il Premio Nazionale per la Letteratura come autore esordiente – e nel 2018, con nostra somma gioia, è stato premiato in Italia al Premio Inedito al Salone di Torino, con una raccolta in mia traduzione.
Mi sono innamorata ben presto della sua scrittura onirica e surreale, del suo stile fresco e originale, dall’impronta autoriale ben riconoscibile sin dalla sua prima pubblicazione. È un poeta classe ‘84, in equilibrio tra l’eredità della tradizione poetica greca e i fenomeni culturali europei del suo tempo. Tsalapatis è ormai ap-prezzato anche fuori dai confini greci.
La sua poesia è, per dirla alla Perec, “infra-ordinaire”, quindi della quotidianità che si ripete ogni giorno, nella quale il poeta scova la straordinarietà. Non è un’arte da lasciare impolverare sugli scaffali di una biblioteca, è vita che deve circolare. E i versi di Thomas Tsalapatis arrivano nelle scuole, è lui stesso a portarli, li conduce anche in luoghi insoliti, per esempio, con letture sugli autobus cittadini.
E io, a mia volta, in collaborazione con un vivace gruppo di psicanalisti, ho portato la sua poesia ricca di simbolismi in luoghi di incontro, per un giocoso dialogo con i lettori, tra poesia e psiche.

Che posto occupa l'insegnamento di questa lingua in Italia?
A volte mi si chiede dove poter studiare, o approfondire, la lingua neogreca. Esistono diverse Cattedre universi-tarie in Italia: a Roma, Catania, Palermo, Venezia, Bari. Oltre al percorso accademico, ci si può rivolgere alle molte Comunità elleniche sparse per il paese e a istituti di religione greco-ortodossa che dispensano corsi di lingua. Inoltre il neogreco è insegnato nelle scuole dell’area della Grecìa salentina, così come in alcuni licei italiani dove gli studenti hanno la fortuna di venire a contatto con la continuità diacronica di questa meravigliosa lingua.

Oltre alla traduzione di narrativa, con quali altri generi ti sei confrontata?
Sono sempre alla ricerca di nuovi autori in vari ambiti letterari: prosa, poesia e anche fumetti – un fumettista che “promuovo” è stato, di recente, pubblicato in mia traduzione sulla mitica rivista Linus!
Il mio desiderio è divulgare la cultura greca in Italia perché, nonostante la vicinanza geografica e l’amore di mol-ti italiani per la terra ellenica, ben poco della produzione artistica greca approda da questa parte dello Ionio (per contro i greci sono curiosi osservatori della letteratura e cultura italiana, come di quella straniera in genere).
Mi sono occupata, e quando posso lo faccio ancora, anche di scouting cinematografico, portando a Roma rassegne, molto apprezzate dal pubblico, di cinema greco contemporaneo.
Nelle scuole primarie realizzo laboratori ludico-didattici che mirano ad avvicinare i più piccoli alla lingua neogreca, attraverso la narrazione di favole contemporanee, per lo più della prolifica Pavlina Pampudi. Le favole, narrate in mia traduzione, sono diventate degli e-book illustrati dai partecipanti stessi e pubblicati da I Dragomanni.

Se potessi cambiare qualcosa del tuo mestiere di traduttrice, da cosa cominceresti?
Vorrei che la consapevolezza dell’importanza del traduttore editoriale si accrescesse, e anche tra i lettori, e che questa figura professionale fosse sempre riconosciuta come autore, o meglio come co-autore dell’opera. Sebbene ci sia una legge del 1941 a tutela di tale diritto, spesso viene ancora disattesa. Così capita che il nome del traduttore invece di essere riportato in copertina o sul frontespizio finisce nel colophon o scompare del tutto. Accade anche che nelle recensioni di libri tradotti ci si dimentichi di citare il nome del traduttore, come se l’opera si fosse autotradotta.
La professione del traduttore è forse un po’ troppo idealizzata, filtrata da una patina di romanticismo. È un lavo-ro meraviglioso, è vero, che tuttavia richiede grande professionalità, studio e abnegazione. In Italia, purtroppo, ciò non sempre viene riconosciuto e i nostri compensi sono tra i più bassi d’Europa, a fronte di un alto livello professionale offerto. Un ruolo determinante in questa partita al ribasso lo gioca la natura di questo mestiere, di per sé individuale e vissuto nell’isolamento. Questo isolamento oggi si può annullare. Grazie infatti all’impegno del sindacato di traduttori Strade, ci possiamo confrontare e sostenere tra colleghi, proporre buone pratiche agli editori e sensibilizzare le istituzioni governative sulla necessità di un sostegno alla traduzione, a beneficio del comparto culturale ed economico del paese.

a cura di Dori Agrosì