Autore:
Olga Tokarczuk / editore: Fahrenheit 451, 2007
Pubblicazione:
10 aprile 2008
Tra le voci più significative della narrativa polacca contemporanea, autrice amata dal pubblico e apprezzata dalla critica, Olga Tokarczuk (1962) era già nota al lettore italiano grazie alla pubblicazione dei volumi Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli (e/o 1999, trad. di R. Belletti) e Che Guevara e altri racconti (Forum 2006, a cura di S. De Fanti).
Casa di giorno, casa di notte, uscito in patria nel 1989 e vincitore del prestigioso premio letterario polacco NIKE, rappresenta una delle sue prove più mature. Il libro descrive la vita a Nowa Ruda, una cittadina della Polonia occidentale dove la narratrice si è trasferita insieme al marito R. Nowa Ruda è a poche centinaia di metri dal confine ceco: i suoi abitanti sono guardati a vista dalle guardie di frontiera ceche, sentono la musica delle discoteche ceche, attraversano continuamente il confine. Non sono originari del luogo: sono polacchi che dopo la guerra sono stati costretti a lasciare le zone orientali della Polonia – i territori di Lituania e Bielorussia passati all’Unione Sovietica - e a trasferirsi a ovest, dove hanno occupato le case abbandonate dai tedeschi in fuga nella Germania post-nazista. I fantasmi di questi ultimi costituiscono una presenza tangibile: i loro averi seppelliti nel bosco e nei campi intorno alla cittadina tornano alla luce trascinandosi dietro un carico di ricordi più o meno dolorosi. Ben presto la narratrice scopre che ogni persona – e ogni cosa – ha la sua storia. Con l’aiuto della vecchia Marta, una sua enigmatica vicina, accumula queste vicende disegnando la storia di Nowa Ruda a partire dalla sua fondazione. Vi si intrecciano gli episodi più eterogenei, da racconti agiografici a divertenti aneddoti contemporanei disposti senza un ordine preciso e con protagonisti che a volte ricorrono nella narrazione. I più felici ed efficaci sono i ritratti di personaggi che vanno a creare una sorta di mitologia del posto: Marek Marek, un ubriacone convinto di avere un uccellaccio nero imprigionato nel proprio corpo, una presenza da cui solo il suicidio lo libererà; Franz Frost, a tal punto ossessionato dalla nascita di un nuovo pianeta da costruirsi un copricapo di legno per proteggersi dalle influenze celesti maligne (e che paradossalmente, quando in guerra Franz rifiuterà di sostituirlo con un elmetto di ferro, ne causerà la morte); il tedesco che, tornato nei luoghi della propria giovinezza, morirà sul confine e il cui cadavere verrà palleggiato tra le guardie di frontiera ceche e polacche; Kummernis, la santa barbuta la cui biografia attraversa tutto il libro in una sorta di narrazione parallela. Ogni episodio rappresenta una tessera che va a comporre il mosaico costituito dalla cittadina. Ne emerge la convinzione che la storia di ogni luogo – per quanto umile – è infinita, che descrivendo o scavando alle radici di una vita, di un quartiere o anche solo di una cosa, si possono scorgere tutte le connessioni, non solo con il singolo e i suoi sogni, ma con l’intero universo. Mescolando aneddoti e ricette di cucina, sogni e realtà, passato e presente, argomenti essenziali e descrizioni di oggetti quotidiani descritti come se venissero visti per la prima volta, il libro dà prova di un’immaginazione ricchissima, che contrasta efficacemente con lo stile semplice e disadorno. Proprio il linguaggio sobrio, a volte scarno, con cui l’autrice affronta temi fondamentali ha rappresentato la difficoltà maggiore nel corso della traduzione; ho dovuto spesso reprimere la tentazione di fare ricorso a un registro più alto, più “convenzionalmente” adeguato a certi argomenti. Anche tenere i fili di una narrazione volutamente frammentaria in cui le singole vicende si intrecciano e ritornano di volta in volta ha costituito una fatica non da poco.
In Polonia è appena uscito l’ultimo, bellissimo libro della scrittrice, Bieguni (Wydawnictwo Literackie 2007), con riferimento alla setta ottocentesca russa che teorizzava lo spostamento continuo come unico mezzo per non attaccarsi ai beni materiali e andare continuamente alla ricerca di sé stessi. E proprio così si può riassumere il senso dei libri della Tokarczuk: una ricerca di sé stessi attraverso una riflessione sull’esistenza che trae spunto da ogni aspetto della realtà quotidiana.