Prendete Sherlock Holmes, aggiungeteci i sentimenti e avrete Heller. Ma attenzione, Heller arriva quasi vent’anni prima di Holmes
Leggere un buon libro è senza dubbio un’esperienza emozionante, sia esso un giallo, una storia d’amore, un diario di viaggio o quant’altro, ma tradurre un libro è anche di più perché non soltanto coinvolge la sfera emotiva e stimola la fantasia, ma richiede pazienza e intuito nella scelta preliminare oltre che un elevato senso di responsabilità nel momento in cui ci si accinge a trasferire un testo da una lingua a un’altra.
Voglio dire che frugare nelle biblioteche per scovare testi inediti e riportare in vita autori poco noti o ingiustamente considerati minori rispetto ai giganti della letteratura è estremamente eccitante, così come comprendere perché uno scrittore abbia scelto quella determinata parola o quel particolare aggettivo, anziché un sinonimo con una diversa sfumatura di significato, si rivela per il traduttore una continua scoperta, al tempo stesso affascinante e appassionante.
Nel caso di Henry Cauvain e del suo Maximilien Heller, devo ammettere che si è trattato di un colpo di fortuna e di un vero spasso.
Nato a Parigi nel 1847 e morto all’età di 44 anni, figlio di un avvocato e giornalista, Henry Cauvain fu tesoriere generale nelle cittadine di Annecy ed Évreux, ma si dedicò anche alla scrittura pubblicando diversi romanzi di genere storico e poliziesco. Nel 1871 diede alle stampe la sua opera prima, Maximilien Heller, successivamente tradotta in inglese e spagnolo e tuttora ripubblicata in Francia. Sempre nel 1871 L’Osservatore cattolico lo propose ai suoi lettori con il titolo Massimiliano Heller e nel 1927 altrettanto fece la rivista milanese Pro Familia ma, da allora, dell’autore e del suo lavoro non si è saputo più nulla. Eppure Maximilien Heller è un romanzo estremamente interessante giacché si pone come anello di congiunzione tra i pionieri del genere investigativo e il grande mito di Sherlock Holmes.
Creato, come abbiamo detto, nel 1871, Maximilien Heller precede di sedici anni la pubblicazione di Uno studio in rosso, circostanza che induce a sostenere l’influenza di Cauvain su Conan Doyle: “Nel XIX secolo questo romanzo non era stato ancora tradotto in inglese, ma Doyle era fluente in francese e tedesco ed è possibile che lo abbia letto in lingua originale durante il suo soggiorno in Svizzera, dal 1875 al 1876, o che ne sia venuto a conoscenza tramite lo zio, Michel Doyle, che viveva a Parigi”.
Quanto all’originalità del racconto rispetto al proprio contesto storico e culturale, Michel Lebrun questo scrive in Les alchimistes du roman policier:
“Il romanzo popolare ha dato vita al romanzo poliziesco e questa transizione si attua sotto i nostri occhi, come per magia, grazie a un autore quasi dimenticato e al suo bellissimo romanzo Maximilien Heller. Questo racconto straordinario, relativamente breve e sgombro da ogni intrigo amoroso, poggia su un criminale geniale, un omicidio in una stanza chiusa perfettamente plausibile e un investigatore assolutamente privato”.
Ma chi è dunque Maximilien Heller, il personaggio che incarna i tratti del primo detective anti-eroe? È un uomo alto e longilineo, laureato in legge, filosofo e misantropo, che vive quasi recluso in compagnia di un gatto. E’ originale e intelligente, un detective lontano da ogni convenzione, un uomo d'azione senza distintivo che combatte contro un degno avversario del suo intelletto e dei suoi metodi. É dotato di una prodigiosa capacità di osservazione e deduzione logica che lo spingono a indagare in senso inverso all’ordinario - “Vi dissi che il metodo attraverso cui speravo di riuscire a svelare questo delittuoso mistero sarebbe stato del tutto diverso da quello che sono soliti adottare i rappresentanti della legge. Loro cercano l’interesse che ha guidato il criminale e in questo modo si sforzano di risalire dall’ignoto al noto. Ma questo procedimento è sostanzialmente difettoso e l’arresto di Guérin lo dimostra. Io quindi percorro la strada inversa e vado dal noto all’ignoto. Cerco i fatti, nient’altro che i fatti, senza preoccuparmi del movente che ha determinato l’atto o della mano che ha colpito. Metto insieme i dati, per quanto contraddittori possano apparire, e a tempo debito la luce appare” – è dedito all’oppio, appassionato di chimica e all’occorrenza estremamente abile nei travestimenti. Infine, è accompagnato da un medico che diventa il narratore della storia.
Heller ed Holmes si somigliano, non v’è dubbio, ma c’è una differenza sostanziale che li rende unici, come due facce della stessa medaglia. “Heller infatti possiede sentimenti umani – come scrive Marco Malvaldi nell’introduzione alla nuova edizione di Maximilien Heller pubblicata nel giugno scorso dalla Sellerio Editore con il titolo L’investigatore Maximilien Heller - Laddove Holmes investiga per curiosità naturale o per lavoro, Heller si occupa del caso in cui si imbatte per salvare la vita a un innocente”. Vediamo perché.
Quando il banchiere Bréhat-Lenoir viene trovato morto per avvelenamento e una grossa somma di denaro risulta scomparsa, il valletto Guérin è immediatamente sospettato del delitto e del furto. La polizia perquisisce la stanza in affitto di Guérin e chiede la testimonianza dell’enigmatico Maximilien Heller che vive in una mansarda attigua. Heller si convince immediatamente dell’innocenza di Guérin e con l’aiuto dell’amico medico si impegna per trovare il vero colpevole e salvare l’innocente dalla ghigliottina. La narrazione si sviluppa tra un’avventura e l’altra, tra pericoli e misteri che mettono a dura prova la resistenza fisica e mentale del protagonista. Ma Heller è determinato, accetta le sfide e riesce ad assicurare alla giustizia il diabolico nemico.
Il racconto è diviso in due parti distinte: la prima parte è narrata dal dottore che, fin dalle prime pagine, si assume il compito di avvicinarci alla figura di Heller e al curioso delitto che diventa l’occasione fortuita da cui scaturisce la loro amicizia.
Nella seconda parte cambia il narratore e di conseguenza il punto di vista: sarà lo stesso Heller, attraverso le lettere che scrive all'amico, a rivelarci i suoi progressi nel caso. Ma cambia anche l’ambientazione così che la Parigi mondana lascia il posto alle descrizioni della campagna bretone e al sapore gotico di un antico, labirintico castello dove il mistero si infittisce e il ritmo degli eventi accelera.
L’investigatore Maximilien Heller è un piccolo gioiello salvato dall’oblio un romanzo innovativo per la sua epoca, con una scrittura agile che rende la lettura scorrevole e avvincente dall'inizio alla fine. Non è tanto il caso in sé, ma ciò che accade a far sì che l'intrigo non svanisca. Nulla è scontato come sembra e il finale riserva qualche sorpresa.