È la storia di quella persona che avete odiato di più da quando avete l’età di incontrare gente. L’avete incrociato forse due minuti, mezza giornata o al lavoro, chissà. È qualcuno di davvero odioso; non bello, trascurato, arrogante e crede di sapere tutto. Se siete una donna, vi corteggerà in maniera piuttosto lurida. Nervoso; vi darà l’impressione di “un tizio strano”. Se ve ne parlano, è di sicuro in male. Tutti lo evitano.
È questo il genere di personaggio che troverete nella Bête à sa mère. Descrive sé stesso, vi racconta di sé e vi dice cosa ne pensa, della sua vita, della gente, di voi, e non è per niente banale.
Oltre alle bravate dei furtarelli di ogni tipo, delle fughe e delle storie di ordinaria violenza, si capisce cos’ha in testa questo qui, ed è il suo punto di forza. A furia di conoscerlo vi renderete conto che il ragazzo, seppure agisca così, non è proprio scemo. Curioso; accumula informazioni come farebbe un adolescente nerd in un contesto normale. In realtà, noterete che il ragazzo avrebbe delle qualità, legge, riconosce uno che non sa scrivere, e che bolla subito da talento sprecato.
A dire il vero, il libro si gioca nelle prime pagine, il protagonista racconta la sua infanzia trascorsa da una famiglia d’accoglienza all’altra, e già a cinque anni. Il ragazzo si è fatto da solo, secondo i suoi stessi principi e interpretazioni, e potrete immaginare quali; un individuo in modalità “sopravvivenza” senza alcun rispetto per niente, ma capace di arrangiarsi, e a ogni costo.
Goudreault è un operatore sociale. Si capisce. Possiamo pensare che il suo personaggio sia l’insieme di più individui con cui ha avuto a che fare. È senz’altro da questa esperienza diretta che ha attinto per i due tratti caratteristici del protagonista: la bestia, la madre. Comincia con abilità nel descrivere la soddisfazione che prova a ostinarsi con i più deboli, da cui il suo rapporto singolare con gli animali di compagnia. Prima tentato a dominarli, poi esasperato dalle attenzioni che ricevono, le stesse attenzioni che lui non ha ricevuto; ne farà dei capri espiatori, così importanti nella sua vita fino a diventare degli specchi in cui è possibile intravedere il protagonista stesso, selvaggio, maleducato, ma anche e soprattutto, abbandonato. In effetti, la sua ricerca più grande è di ritrovare la madre, un’ossessione che lo porterà molto in basso, e sarà la sua ragione di vita.
La Bête à sa mère, è Tarzan reinventato. David Goudreault mostra in maniera magistrale come rischia di diventare un essere umano se lasciato solo, di fronte a sé stesso, in un mondo che – e in qualsiasi caso – nei suoi riguardi sarà sempre una giungla, dove l’unica cosa da fare è sopravvivere, a tutti i costi. Tutto questo, va sottolineato, non è volgare; sarebbe il minimo, con un personaggio simile, ma no. È una storia cruda, sì, ma la narrazione non si infanga in turpiloqui e imprecazioni. Non ne ha bisogno. Le avventure di questo poveraccio parlano da sé. La forma (la scrittura) non ha nulla di spettacolare, ma lo sfondo (la storia) è eccezionale.
Gli innamorati di storie d’amore, di amicizie sbocciate e di unicorni, possono astenersi. Gli appassionati di realtà aumentata, saranno viziati. Questo è un nuovo grande autore.
Alain Petit
Impressions sur livres
Pubblicato in italiano su La Nota del Traduttore per gentile concessione dell’autore Alain Petit.
Tradotto dal francese da Dori Agrosì