Il ciclo fantasy dello strigo Geralt di Rivia
di Andrzej Sapkowski, Editrice Nord, traduzione dal polacco di Raffaella Belletti
Articolo di Raffaella Belletti
Autore di fantasy famosissimo in Polonia e all’estero, Andrzej Sapkowski ha conquistato la popolarità come creatore della saga basata sulle avventure di Geralt di Rivia, che gli ha valso per ben cinque volte il prestigioso premio Zajdel, assegnato ogni anno al miglior libro polacco di fantascienza o fantasy.
La saga vera e propria si compone di cinque romanzi: Il sangue degli elfi (pubblicato in Polonia nel 1994 e in Italia nel 2012), Il tempo della guerra (1995/2013), Il battesimo del fuoco (1996/2014), La torre della rondine (1997/2015) e La signora del lago (1999/2015). A questi si aggiungono due raccolte di racconti: Il guardiano degli innocenti (1993/2010) e La spada del destino (1993/2011), che narrano vicende precedenti al primo volume della saga, e un altro romanzo, La stagione delle tempeste (2013/2016), scritto molti anni dopo l’ultimo volume e collocato cronologicamente durante gli avvenimenti narrati nei due libri di racconti.
Nell’aprile del 2018 Sapkowski ha dichiarato di voler aggiungere un nuovo capitolo alla storia, suscitando una grande aspettativa tra i suoi numerosi fans, che sono ancora in attesa della sua pubblicazione. Dalla saga, che è un vero cult ed è stata tradotta in molte lingue, in Polonia sono stati tratti un fumetto, una serie TV e un videogioco chiamato The Witcher, divenuto un grande successo internazionale. Ma Geralt è destinato a godere di una popolarità ancora più vasta grazie alla serie TV creata da Lauren Schmidt Hissrich per Netflix, con l’attore britannico Henry Cavill nei panni dello strigo. Il lancio della serie in otto episodi, alla cui sceneggiatura ha collaborato lo stesso Sapkowski, è previsto per la fine del 2019.
Quando nel 2008 Editrice Nord mi ha proposto di tradurre il primo volume del ciclo, ho accettato con gioia. Buona lettrice di fantasy, avevo allora al mio attivo parecchie traduzioni di libri appartenenti a questo genere, per lo più dall’inglese. Mi ha incuriosito la figura del protagonista, che mi ha posto subito un problema traduttorio di non poco conto. Geralt è un cacciatore di mostri che, in seguito a una serie di mutazioni che lo hanno fatto incanutire anzitempo, è dotato di facoltà sovrumane e di una straordinaria capacità di combattente. Nell’originale polacco viene definito un wiedźmin: si tratta di un neologismo tratto dal termine wiedźma, che significa strega. Per espressa volontà dell’autore i traduttori non potevano servirsi del neologismo inglese witcher, usato nel videogioco. Ho cercato quindi di ideare un termine che, pur avendo la radice della parola strega, si distinguesse sia da stregone che da strego, vocaboli esistenti nella nostra lingua ma con accezioni diverse, e ho pensato a strigo, che ricalca il latino striga (da strix, civetta), dal quale viene l’italiano strega. Gli altri traduttori hanno fatto scelte simili: il francese Laurence Dyèvre, ad esempio, traduttore del Guardiano degli innocenti (in francese Le Dernier Vœu) ha optato per sorceleur, da sorcière, mentre il tedesco Erik Simon (che come me ha tradotto l’intera saga) ha creato il termine Hexer, da Hexe.
In Italia, dove il videogioco era già molto noto, il primo libro del ciclo ha riportato un buon successo, perciò l’editore ha deciso di pubblicare anche il secondo, poi il terzo, il quarto e così via.
La cadenza degli anni di pubblicazione rende un’idea dei ritmi della traduzione, che mi ha molto assorbita (anche perché, come spesso accade nel caso dei libri di fantasy, i volumi erano piuttosto corposi), pur non impedendomi di dedicarmi ad altri lavori.
Ambientato in un medioevo fantastico, quello dello strigo è un universo assai complesso, pieno di personaggi e paesi immaginari, in ognuno dei quali vigono leggi, consuetudini e credenze particolari. La difficoltà maggiore è stata trovare un equivalente italiano per i numerosissimi nomi propri (antroponimi e toponimi). Uno dei personaggi principali, ad esempio, è un menestrello scanzonato grande amico di Geralt, Jaskier, il cui nome significa letteralmente "ranuncolo". Usare questo termine inizialmente non mi convinceva, mi sembrava che non rendesse il carattere spensierato e scherzoso del menestrello, e avevo optato per Ortensio, nome proprio esistente in italiano sebbene raro, che manteneva comunque l’allusione a un fiore. La redazione – con la quale c’è sempre stata un’ottima intesa – ha preferito la traduzione letterale. Nella versione italiana Jaskier è dunque Ranuncolo. Un altro esempio è costituito dalle cavalcature di Geralt, che monta esclusivamente giumente alle quali dà sempre lo stesso nome: Płotka. Questo è il nome di un pesce, il rutilus rutilus, in italiano "gardone", "rutilo" o "leucisco rosso". Tra questi tre termini quello che mi sembrava più adatto alle giumente dello strigo, dotate tutte di un certo caratterino, era "rutilo", da cui ho creato il femminile Rutilia. I traduttori tedesco e inglese (Danusia Stok) hanno chiamato la giumenta rispettivamente Plötze e Roach, termini che traducono esattamente il polacco, mentre il traduttore francese l’ha chiamata Ablette, termine con cui si indica un atro pesce appartenente sempre alla famiglia dei ciprinidi (in italiano "alburno"). Molti nomi propri erano inoltre "parlanti", contenenti cioè un’informazione sull’indole, le caratteristiche fisiche o la provenienza sociale del personaggio nel caso degli antroponimi, sulle caratteristiche geografiche nel caso dei toponimi. Mi è dunque toccato l’arduo compito di trovare corrispettivi italiani che avessero la stessa valenza semantica e rendessero al tempo stesso il colorito dell’originale, nonché l’ironia tipica dell’autore. Così, ad esempio, l’erudito Wolfgang Amadeus Kozibroda è diventato Wolfgang Amadeus Barbadicapra (Il sangue degli elfi), il lestofante Ograbek – Manbassa (La signora del lago) e il druido Myszowór – Saccoditopo (Il guardiano degli innocenti), mentre il villaggio di Lisi Dół è diventato Valdivolpe (La signora del lago), Mały Łęg – Marcita piccola (Il tempo della guerra) e Kania Góra – Colle dei Nibbi (La spada del destino). Anche quelli dei mostri sono spesso nomi parlanti: così, ad esempio, lo jadnica è diventato lo "sputaveleno" (La signora del lago) e il krabopająk – il "granchioragno" (Il battesimo del fuoco). In tutti i casi citati mi sono limitata a ricalcare i termini polacchi. In altri il compito è stato più difficile, quando l’informazione semantica contenuta nel nome era più vaga e ho dovuto ricorrere a soluzioni meno letterali.
Su richiesta della redazione, fin dal primo volume ho cominciato a stilare elenchi di personaggi e luoghi, annotando per ognuno il termine originale, la mia traduzione e il termine usato nel videogioco. A tal fine mi è stata utilissima la versione italiana di The Witcher Wiki, il wiki ufficiale della saga dello strigo, che permette di spaziare nel mondo del videogioco, con tanto di mappe dei luoghi e schemi delle battaglie. Il wiki rimanda inoltre a versioni in altre lingue, fornendo un ricchissimo panorama delle soluzioni adottate negli altri paesi.
Di volta in volta ho inviato alla redazione l’elenco dei nomi citati nei singoli volumi, ad esclusione di quelli già presenti nei volumi precedenti. Per il costante controllo sui libri già pubblicati mi sono stati di grandissimo aiuto i PDF inviatimi dalla redazione. Quando questa apportava modifiche alle mie soluzioni, le inserivo di volta in volta nei miei elenchi. Le tabelle, che alla fine dell’ottavo volume raccoglievano centinaia di nomi, hanno costituito una risorsa preziosa, che mi ha consentito di verificare rapidamente se un nome – anche di un personaggio minore – fosse già stato citato in precedenza. Oltre a quella dei nomi propri, ho stilato per mio uso lunghe liste contenenti la traduzione dei nomi comuni ricorrenti, soprattutto quelli relativi ad armi medioevali e unità di misura, ad abbigliamento, araldica, giochi e cibo, termini che dovevano essere tradotti in maniera uniforme in tutti i volumi. Va da sé che per renderli correttamente ho dovuto fare ricorso a numerosi dizionari antico-polacchi e lessici specifici, fortunatamente presenti su Internet, nonché a vari esperti. Un esempio per tutti: per la terminologia relativa ai duelli con le spade mi sono rivolta al gentilissimo Marco Arpino Schoch, campione olimpico e al tempo responsabile della Biblioteca Nazionale Sportiva del CONI. Utile mi è stata anche la consultazione delle altre traduzioni, in particolare di quelle tedesche, molto scrupolose.
Un discorso a parte meritano le citazioni intertestuali, vale a dire i numerosi riferimenti ad altre opere letterarie di cui Sapkowski ha disseminato la saga, quelli che, per citare Umberto Eco, costituiscono "una precisa strategia grazie alla quale l’autore fa allusioni non esplicite a opere precedenti, accettando una doppia lettura: i) il lettore ingenuo, che non individua la citazione, segue lo stesso lo svolgersi del discorso e dell’intreccio come se ciò che gli viene raccontato fosse nuovo e inaspettato [...]; ii) il lettore colto e competente individua il rinvio, e lo sente come citazione maliziosa" (U. Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione. Bompiani 2003, p. 213). Sapkowski ne inserisce parecchi, dai rinvii biblici alle opere di altri scrittori.
Mi auguro di essere stata in grado di coglierli tutti. Svariate le allusioni a opere moderne, come ad esempio un brano di As time goes by, citato come divertissement all’interno di un contesto medioevale. Naturalmente, vista la natura dei libri, non era il caso di inserire note che avrebbero appesantito il testo.
I libri della saga hanno come tratto distintivo la combinazione di ironia e suspense, l’alternarsi di pagine leggere e drammatiche, che le rende una lettura godibilissima. Li ho tradotti con fatica e passione, sentendomi alla fine cittadina onoraria del mondo dello strigo e affezionandomi a lui e agli altri eroi, che considero ormai persone di famiglia.