Traduzione da: inglese | Adattamento e regia di Andrea Taddei | William Shakespeare
Una commedia tra le più famose che, giocando sul luogo comune della "femmina ribelle" e dell'uomo forte e determinato che la sottomette, oggi, sarebbe improponibile per i suoi contenuti razzisti e misogini. Non fosse per il genio del Bardo, che nel divertente intreccio sembra non prendere posizione in merito e, anzi, esasperando, talvolta in maniera grottesca, la violenza del maschio, mette tutti dalla parte della protagonista femminile.
La scelta di rappresentare La Bisbetica Domata in un allestimento per soli interpreti maschili, come in epoca shakespeariana, pone questo testo in una prospettiva nuova: Caterina non è una vera donna ma un fantasma delle paure maschili, una proiezione dell'uomo. Ecco allora la spaventosa superdonna felliniana, la crudele sadomaso in cuoio nero, la femminista arrabbiata, che nell'immaginario del maschio-Petruccio, si placa in una modesta casalinga obbediente, dedita alle faccende domestiche. L'adattamento (o forse è meglio parlare di trasposizione) riduce a due i cinque atti della commedia e asciuga i dialoghi, in favore di una più semplice comprensione della trama; le molte metafore manieriste diventano più riconoscibili riferendosi a oggetti propri della nostra cultura.
Sei camerieri di una playhouse contemporanea servono, insieme al vino, simbolo dionisiaco del Teatro, lo spettacolo della trasformazione e del travestimento, come nel prologo dell'edizione originale i giovani nobili facevano con l'ubriacone Sly. Ogni attore interpreta a rotazione il ruolo di Caterina e di Pietruccio dando così più voci e più versioni ai due personaggi e al rapporto di potere che tra loro intercorre.
Andrea Taddei