Irene Sorrentino è nata a Napoli nel 1983. È traduttrice editoriale dal finlandese e consulente esterna per la letteratura finlandese per diverse case editrici italiane e traduttrice del fumetto cult Fingerpori su Internazionale. Nel 2010 ha conseguito una laurea magistrale in Lettere all’Università di Helsinki e traduce per Garzanti, Feltrinelli, Sonzogno e l’ultima sua traduzione pubblicata è Oneiron di Laura Lindstedt (Elliot Edizioni). Nel 2010 è stata ospite al V Seminario della letteratura italiana, Il teatro italiano in Scandinavia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento promosso dal Dipartimento di Lingue Moderne dell’Ateneo finlandese, con l’intervento Il ‘caso’ Roberto Bracco in Finlandia. Nel 2015 ha vinto la borsa di residenza per traduttori di Fili/Sks in collaborazione con Hiap. Nel 2016 ha partecipato al 4th T & R (Theories & Realities in Translation & wRiting) Forum con l’intervento Capturing the distance: creativity as a translation strategy e sempre nello stesso anno ha vinto una borsa di residenza per traduttori al Baltic Center for Writers and Translators.
Qual è stato il percorso che ti ha portata a dedicarti alla lingua finlandese?
Terminato il liceo desideravo fortemente andare a studiare all’estero. Ho cominciato la mia formazione accademica a Napoli, all’Università L’Orientale dove ho studiato lingua e letteratura russa e finlandese. Avevo scelto la prima per il mio amore per i romanzi di Tolstoj e Dostoevskij, la seconda per pura e semplice curiosità. Il finlandese è una lingua complicatissima, mi dicevano, e le sfide mi sono sempre piaciute. Nel 2004 ho vinto una borsa di studio del CIMO per la mobilità internazionale nel seguire un corso di lingua all’Università di Jyväskylä. L’impatto con il sistema universitario finlandese mi ha folgorata ed è stato allora che ho deciso di trasferirmi. In Finlandia l’università si regge su principi completamente diversi dai nostri, lo studio è a carattere seminariale e il rapporto con i professori è basato su uguaglianza, parità, benessere condiviso. Quindi, facendo un vero e proprio salto nel buio nell’autunno seguente mi sono trasferita a Helsinki, ho studiato per l’esame di ammissione che mi richiedeva un livello di finlandese già piuttosto alto, e infine mi sono immatricolata all’Università di Helsinki. Qui ho studiato italianistica e lingua e letteratura finlandese e ho conseguito nel 2008 e nel 2010 i titoli di laurea triennale e magistrale.
Quanto ti sembra che sia diffusa la letteratura finlandese in Italia?
Facendo un banale calcolo sommario del numero di libri finlandesi pubblicati in Italia, direi non tantissimo ma neanche poco. La letteratura finlandese gode di un certo fascino e riscuote sempre più interesse sia da parte degli editori sia dei lettori, probabilmente segue la scia di un certo “gusto per il Nord”, sempre più esteso.
La Finlandia però non è la Svezia o la Norvegia o la Danimarca. Per cultura, identità, storia è assimilabile alla Scandinavia, ma in termini geografici o linguistici la Finlandia non è scandinava. È una realtà più complessa, più articolata e senz’altro con un effetto nella diffusione sul mercato editoriale italiano. Sono convinta che presto le cose cambieranno e i primi segni già si vedono. A livello internazionale la Finlandia ha fatto uno scatto in avanti nel 2014, quando è stata paese ospite alla fiera di Francoforte coniando il motto “Finnland. Cool.” e per il 2017, anniversario dei 100 anni dall’Indipendenza, le manifestazioni per celebrare la cultura e la letteratura finlandesi sono moltissime. Una tra tante, la Finlandia sarà paese ospite al Pisa Book Fest 2017.
Cosa significa oggi in Italia lavorare come traduttrice letteraria da una lingua come il finlandese?
È un lavoro affascinante ma ci sono degli ostacoli. Spesso un editore non ha i mezzi linguistici per valutare un libro direttamente e perciò deve affidarsi a un traduttore. Per questo è essenziale che tra i due soggetti si instauri un rapporto di fiducia, e questa cosa richiede tempo. Poi, sul piano pratico, il numero di pubblicazioni non è molto alto, non come per altre lingue, pertanto anche la quantità di lavoro per i traduttori dal finlandese è minore.
Dal mio punto di vista il problema di fondo però rimane sempre lo stesso, per tutte le lingue. Il lavoro del traduttore è sottostimato e non solo economicamente, solo un vero cambio di prospettiva culturale potrà davvero cambiare le cose. E in queste dinamiche spesso assurde, quale sia la combinazione linguistica forse conta poco.
Quali consigli vuoi dare a chi intraprende lo studio di questa lingua?
Il finlandese non è una lingua indoeuropea ma è di ceppo ugrofinnico. È agglutinante, non ha articoli e preposizioni ma suffissi aggiunti a un tema che esprimono i rapporti grammaticali. Ha ben quindici casi nominali, più suffissi enclitici e possessivi. Non ha genere, non ha il tempo futuro né il modo congiuntivo. E qui mi fermo perché se approfondissi tutte le sue caratteristiche, decimerei il numero di possibili interessati. Studiare finlandese non è per niente una passeggiata, anzi, ma è una lingua con una sua logica, almeno per me, basta semplicemente trovarla...
Per orientamento personale evito di dare consigli (come diceva de André "... si sa che la gente dà buoni consigli se non può dare cattivo esempio") quindi mi limiterò a dire che a prescindere da quale sia la lingua che si vuole imparare, quello che serve sono pazienza, umiltà, voglia di mettersi in gioco.
Ti capita spesso di trascorrere lunghi soggiorni in Finlandia?
Sì, mi capita. A volte lunghi, a volte brevi. L’ultimo più intenso e significativo risale al 2015, quando ho vinto una borsa di residenza per traduttori del FILI/SKS (Finnish Literature Exchange/Suomen Kirjallisuuden Seura) in collaborazione con HIAP (Helsinki International Artist Programme). All’epoca lavoravo alla traduzione in italiano di Fuga da Villa del Lieto Tramonto di Minna Lindgren (Sonzogno, 2016) e tradurre a stretto contatto con l’autrice e i luoghi del romanzo è stato molto significativo. Forse non dirò niente di nuovo, ma la traduzione è davvero anche prassi e tutto ciò che vive intorno a un testo in fase di traduzione – letture, ambiente, incontri – influenza il processo traduttivo. Adesso sono in partenza per un’altra borsa di residenza, stavolta al Baltic Center for Writers and Translator nelle Gotland e anche quest’esperienza sarà molto formativa.
Trovo importante avere dei periodi all’estero, in Finlandia o in realtà culturalmente affini. Tuttavia vivere in Italia per me è stata una scelta ponderata. L’italiano è la lingua in cui, di fatto, scrivo le mie traduzioni ed è essenziale che sia un italiano vissuto, attuale, intriso di realtà.
La lingua italiana è studiata in Finlandia?
La Finlandia vanta una lunga tradizione nello studio delle lingue romanze e quindi anche dell’italiano. C’è un forte interesse che trova risposta in diversi corsi di lingua sia nelle scuole e nei licei sia negli istituti civici per adulti. Il dipartimento di Italianistica dell’Università di Helsinki è poi molto attivo nella ricerca e il Convegno degli Italianisti Scandinavi è già arrivato alla sua undicesima edizione.
In Finlandia si parla e si scrive in tre lingue; il finlandese, lo svedese e il sami. E l'editoria pubblica moltissimo, 13000 libri all'anno. C'è quindi interesse per le novità letterarie italiane oppure come spesso succede all'estero, sono soprattutto classici?
I finlandesi sono un popolo di lettori e personalmente non credo dipenda solo dal clima, come spesso si sente dire, ma da una mentalità radicata nel tempo. Basti pensare che le statistiche sulla lettura in Finlandia non si basano soltanto all’acquisto dei libri, ma anche sulla stima del numero di lettori con riferimento, per esempio, ai prestiti in biblioteca.
Il settore editoria quindi risponde a una domanda in crescita e, di conseguenza, la domanda aumenta perché l’editoria sa reagire alla richiesta crescente, sia in termini quantitativi sia qualitativi.
Per quanto riguarda l’editoria italiana in Finlandia, negli ultimi tempi aumentano le traduzioni dei non classici ma spesso si tratta di libri mainstream che già godono di un certo successo all’estero, come per esempio i libri di Saviano. Scrittori molto amati sono Magris e Mazzucco, ultimissima è la traduzione del primo volume della quadrilogia di Elena Ferrante.
Come vengono accolte le tue proposte di traduzione di autori finlandesi dagli editori italiani?
Una proposta di traduzione è un’operazione delicata che compio in modo mirato e ragionato. Quando propongo un libro a un editore non vado mai alla cieca. Innanzitutto considero se quel volume può avere o no una rilevanza sul mercato editoriale italiano. Rifletto sulla casa editrice più adatta perché un libro può essere collocabile in una casa editrice, ma non necessariamente in un’altra. Infatti, studio regolarmente i cataloghi delle case editrici che pubblicano narrativa straniera e ne seguo la linea editoriale. La valutazione del libro e la scelta della casa editrice hanno pari importanza. Per realizzare una proposta ci impiego molto tempo e forse è per questo motivo che di solito non ricevo rifiuti secchi e perentori. Certo, a volte l’operazione riesce ed è fantastico! In altri casi invece no. Ma, dopotutto, la letteratura è opinabile, spesso i motivi per cui un libro a qualcuno piace e a un altro no, sono insondabili.
L’autunno è la stagione di premi letterari: quali sono i più importanti in Finlandia?
Ce ne sono diversi, proprio come qui in Italia, ognuno con una sua caratteristica. Il più importante e prestigioso è senza dubbio il Premio Finlandia, assegnato ogni anno a fine novembre. È suddiviso in tre categorie, la più seguita è la narrativa, poi ci sono la sezione saggistica e letteratura per ragazzi. Per rilevanza è paragonabile al nostro Premio Strega, soprattutto per il dibattito culturale che puntualmente solleva. La sua particolarità è che il vincitore viene scelto ogni anno da una sola persona, di volta in volta diversa. Di solito a vincere sono testi di grande spessore tematico ma che si distinguono anche per il particolare pregio linguistico e stilistico. Ho avuto l’onore di tradurre un Premio Finlandia, si tratta di Oneiron di Laura Lindstedt che ha vinto lo scorso anno (Elliot Edizioni, 2016), considerato un vero e proprio caso editoriale. Adesso siamo in attesa del prossimo vincitore e c’è già chi azzarda previsioni. Io ho già un mio preferito, ma preferisco aspettare l’esito del Premio.
La letteratura finlandese in Italia è nota per il suo umorismo sottile e un po’ sarcastico. È questa una caratteristica della letteratura finlandese in sé oppure appartiene più a quella che arriva qui in Italia?
L’umorismo finlandese ha una vena tutta particolare, è un’ironia pungente e mordace che spinge alla risata intelligente! È vero, l’umorismo sta diventando un vero e proprio “marchio di fabbrica” per la letteratura finlandese all’estero ma direi che non riguarda solo quella che approda oltre confine. Per la mia personalissima esperienza, i finlandesi sono un popolo sì taciturno, ma con la battuta pronta. L’approdo in Italia dell’umorismo finlandese è senz’altro merito anche delle traduzioni e di quello che è pubblicato. Ho avuto modo di confrontarmi con la traduzione di testi di carattere sarcastico, parlo per esempio della Trilogia di Helsinki di Minna Lindgren (Sonzogno 2014, 2105) e di Fingerpori, il fumetto cult che traduco settimanalmente per Internazionale. Fingerpori è puro umorismo finlandese: si legge e si ride, ma sempre dopo due minuti di riflessione.
Qual è il genere letterario che preferisci tradurre?
Ogni genere ha aspetti diversi che danno alla traduzione un sapore specifico. Adoro la narrativa, il fumetto e le grafic novel, ma mi piace molto anche la narrativa per bambini e per ragazzi.
Tradurre la saggistica è spesso stimolante ma in questo caso è la materia del libro ad avere una rilevanza particolare. Tradurre porta con sé sempre delle ricerche sul campo perciò è tutto più facile e più piacevole quando si parla di argomenti che sono nelle proprie corde.
Per quanto riguarda la poesia, per ora non mi sento ancora pronta, ma non si può mai dire.