L’Autoreinvisibile e le Giornate della Traduzione Letteraria

Argomento: L'intervista
Pubblicazione: 23 settembre 2022

Intervista a Ilide Carmignani e a Stefano Arduini


(NdT) Dopo l’emergenza della pandemia il Salone ha ripreso l’attività in presenza e i lettori sembrano sempre pronti a incontrare gli autori. Quest’anno come ti sembra che siano andati gli incontri con L’Autoreinvisibile?

(Ilide Carmignani) Mi sembra che sia andata molto bene, con dei numeri… esagerati! Le file erano lunghissime. L’affluenza è stata straordinaria ovunque.

(NdT) L’Autoreinvisibile esiste ormai da ventidue anni, è un riferimento incontestabile tra gli incontri per i traduttori e tu che lo hai presieduto sin dall’inizio puoi raccontarci quali sono stati i passaggi più significativi nel corso degli anni?

(Ilide Carmignani) L’Autoreinvisibile è nato con un solo incontro. Per la prima edizione, Ernesto Ferrero ci aveva dato una sala e due ore a disposizione. È stato il primo evento dedicato ai traduttori in una fiera del libro, solo negli anni a seguire sono arrivate Bologna, Parigi, Francoforte, Londra, ecc. Bisogna esser grati a Ferrero, non a caso traduttore di Céline e Perec. L’idea era quella di creare un momento d’incontro, un appuntamento annuale, per tutti i traduttori editoriali italiani e uno spazio di riflessione con tutte le componenti della filiera del libro, quindi scrittori, editori, revisori e anche studiosi, chiunque avesse a che fare con la traduzione e avesse esperienze da condividere. Ma soprattutto ci interessava dar voce ai traduttori. Lo scrittore scrive i suoi libri, il giornalista scrive i suoi articoli, lo studioso scrive i suoi saggi, però il traduttore all’epoca poteva parlare solo attraverso le sue traduzioni, non aveva uno spazio dove prendere in proprio la parola. Restava invisibile. Per questo abbiamo chiamato gli incontri L’Autoreinvisibile. C’erano colleghi che avevano tradotto testi importantissimi e difficilissimi e nessuno di noi sapeva quali strumenti erano stati usati, quale approccio o strategie di mediazione linguistico-culturali erano state adottate e per quali ragioni, insomma i tanti aspetti del mestiere che sono importanti non solo per i colleghi, ma per chiunque abbia a cuore i libri, la cultura e la nostra lingua. L’AutoreInvisibile è stato accolto con un tale entusiasmo che Ernesto Ferrero ci ha dato sempre più spazio, e ora, ventidue anni dopo, siamo giunti a organizzare una ventina abbondante di eventi, spalmati su cinque giorni, declinati in vari modi. Offriamo una panoramica molto ampia del mestiere, compresi incontri con le associazioni di categoria. Cerchiamo di offrire momenti di formazione e soprattutto di aggiornamento permanente e, poiché siamo al Salone, anche un confronto con tutte quelle componenti della filiera che sono presenti. Con il nuovo direttore, Nicola Lagioia, la sinergia è cresciuta e abbiamo avuto bellissimi incontri, per esempio, scrittore straniero-traduttore italiano.

(NdT) Dopo ventidue anni cos’è cambiato dal punto di vista della visibilità?

(Ilide Carmignani) Abbastanza. Mi ricordo che molti anni fa, alle Giornate della Traduzione Letteraria, Marino Sinibaldi disse: «I traduttori devono fare clubbing, lobbying e bombing». Credo che le Giornate e l’Autoreinvisibile abbiano dato modo di fare molto clubbing: là noi traduttori ci siamo conosciuti, ci siamo frequentati, abbiamo fatto rete. Adesso, quando leggiamo un nome su un frontespizio, sappiamo chi è il collega e che volto ha, possiamo contattarlo, si è creato un certo spirito di categoria. Insomma, è nata la comunità dei traduttori editoriali italiani. E dando loro la parola in pubblico, abbiamo dato modo a tutti di capire meglio che cos’è il nostro mestiere e che i traduttori, grazie a un lavoro sul testo molto particolare, possono offrire uno sguardo nuovo sugli scrittori, sulla letteratura e sulla lingua. Questo si è tradotto in una certa visibilità. E moltissimi giovani si sono innamorati del nostro mestiere.

(NdT) Dal punto di vista della contrattualità il traduttore ha assunto maggiore potere contrattuale?

(Ilide Carmignani) Non lo so. È una situazione complessa. Temo che in generale tutti gli autori – non solo i traduttori ma anche gli scrittori  abbiano perso forza contrattuale davanti agli editori. Sarebbe importante che i lettori si rendessero conto che una cattiva traduzione danneggia lo scrittore, l’opera, la cultura d’arrivo, la lingua d’arrivo e anche chi crede di aver letto l’originale e invece ha comprato un brutto succedaneo. Allora forse verrebbero riservate maggiori risorse al passaggio linguistico-culturale, risorse non solo economiche ma di tempo. È appena entrata in vigore una nuova legge sul diritto d’autore che sembra sostenere di più gli autori, vedremo cosa succederà.

(NdT) La ritraduzione restituisce meglio l’originale di un’opera?

(Ilide Carmignani) Secondo me, non così tanto come si potrebbe pensare. Certo, per orientarsi il nuovo traduttore può approfittare della traduzione precedente, ma nessuno può restituire tutto, c’è sempre un residuo traduttivo, qualcosa che si perde per colpa dell’irriducibile diversità delle lingue-culture. Solo l’insieme delle traduzioni è in grado di restituire appieno l’opera. E poi ogni traduzione è un’interpretazione personale influenzata dalle strategie di mediazione linguistico-culturali del suo tempo. Nella prima traduzione di Cent’anni di solitudine, il bravissimo traduttore dell’epoca, Enrico Cicogna (Feltrinelli, 1968), ha tradotto in un modo che oggi stupisce: ha alterato il romanzo per renderlo più magico e meno realistico, insomma ha esotizzato molto per aiutare i suoi lettori ad accettare un Márquez esordiente e un’America Latina del tutto sconosciuta. Quando, cinquant’anni dopo, io ho ritradotto Cent’anni di solitudine (Mondadori, 2017), ho affrontato un Premio Nobel e il testo più importante e famoso, insieme al Don Chisciotte, di tutte le letterature di lingua spagnola. Era naturale perseguire una maggiore aderenza.

(NdT) Dal 30 settembre al 2 ottobre 2022 si svolgeranno a Rimini le Giornate della Traduzione Letteraria. Quali sono i momenti più attesi di questa XX edizione?

(Stefano Arduini) Direi che il programma è denso e i relatori sono di grandissimo valore. Ricordo Paolo Valesio, uno dei grandi comparatisti italiani che ha insegnato a NYU, Yale, Columbia, direttore della rivista internazionale di poesia Italian Poetry Review; Milo De Angelis con la nuova traduzione di Lucrezio, molto attesi gli interventi di Vera Gheno, Susanna Basso, Antonio Franchini, Annamaria Testa. Da sottolineare gli interventi degli editori con Mariagrazia Mazzitelli che ricorderà i 160 anni di Salani, Ena Marchi e Giorgio Pinotti di Adelphi. Ma anche i tantissimi seminari saranno occasioni di grande interesse.

(NdT) Durante le Giornate viene conferito il Premio Giovanni, Emma e Luisa Enriques a beneficio di un traduttore letterario. In cosa consiste il premio? È previsto un bando oppure il traduttore viene scelto da una giuria?

(Stefano Arduini) Il premio è rivolto a coloro che hanno contribuito a far crescere la consapevolezza dell’importanza della traduzione nel sistema di circolazione delle letterature. Quindi premia la carriera di quei traduttori e traduttrici che con la loro opera hanno dato voce agli autori stranieri ma premia anche chi, come nel caso di Pennac, ha contribuito a far risaltare il ruolo della traduzione, dei traduttori e delle traduttrici. Non c’è dunque un bando ma una giuria composta, oltre che dal sottoscritto, da Ernesto Ferrero e Ilide Carmignani.

(NdT) Arrivate alla XX edizione, quali sono stati i passaggi più significativi in tutti questi anni per le Giornate della Traduzione Letteraria?

(Stefano Arduini) Credo che tutte le edizioni siano state per qualche motivo significative e hanno segnato una storia importante. Tuttavia se dovessi fare un bilancio di tutto quello che è successo in questo ormai lungo tempo e se c'è un merito che posso ascrivere alle Giornate direi questo: il merito è quello di aver fatto incontrare i traduttori e le traduttrici, di averli fatti discutere del fatto che la traduzione è un’esperienza che si nutre di molti saperi e aver contribuito a farli sentire parte di un'immensa opera intellettuale senza la quale gran parte di quella che riteniamo essere letteratura o più in generale quello che leggiamo non viaggerebbe o non verrebbe conosciuto.

(NdT) Con la sua presenza ai vari eventi letterari, il traduttore è una figura editoriale che ha guadagnato visibilità. Oggi, che posto occupano i traduttori nel panorama letterario?

(Stefano Arduini) Direi che sicuramente hanno acquisito maggiore visibilità anche se questo non sempre si traduce in termini contrattuali. Le Giornate hanno contribuito a rendere possibile una maggiore visibilità dicendo che i traduttori e le traduttrici non sono importanti solo perché sono dei professionisti un po' particolari di cui non si può fare a meno, ma perché grazie al loro lavoro il modo di guardare la letteratura e i testi si arricchisce di una conoscenza e profondità speciale. Del resto basta osservare un semplice dato generale che riguarda l'editoria italiana. Senza i libri tradotti buona parte di quanto leggiamo non esisterebbe. Molti libri che abbiamo a disposizione sono infatti traduzioni e attorno a essi ruota una parte significativa del mercato editoriale. Si tratta di un fatto che è divenuto via via sempre più chiaro agli occhi di tutti e ha fatto sì che nella cultura italiana l'attenzione per i libri tradotti e la traduzione sia progressivamente cresciuta.