Autore:
Blaže Minevski / editore: Lastaria, 2017
Pubblicazione:
29 dicembre 2017
Blaže Minevski è un autore macedone (1961, Gevgelija), scrittore di romanzi e racconti, drammaturgo, giornalista.
Autore di numerosi romanzi, è tra gli scrittori contemporanei più apprezzati in Macedonia. Con il romanzo Il bersaglio (Nišan) ha vinto i premi macedoni Stale Popov 2008, Romanzo dell’anno - Utrenski vesnik 2008 e 13 Noemvri - città di Skopje 2009, è stato inoltre candidato per l’International IMPAC Dublin Literary Award 2011. È già stato tradotto e pubblicato in arabo, armeno, inglese, serbo, sloveno e presto anche in bulgaro e cinese.
Tradurre il romanzo dello scrittore Blaže Minevski è stato impegnativo e, nello stesso tempo, avvincente poiché nel testo è presente una commistione di stili che attingono a quello letterario (si vedano i richiami ad alcuni passi della letteratura classica russa e francese) e a uno stile più colloquiale, contemporaneo, che definisce i molti personaggi che si susseguono nella storia, ognuno con il proprio idioletto.
Questo lavoro di traduzione ha consolidato in me la nozione ben nota a tutti i traduttori che la competenza del traduttore vada oltre la mera conoscenza linguistica. Per affrontare il testo si presuppone una sensibilità culturale che permetta di codificare nella lingua di arrivo soprattutto le immagini che esso racchiude. Senza dubbio, in questo compito sono stato facilitato dalla mia esperienza decennale di studio e lavoro nel sud-est Europa, e ho rivissuto molte scene come se le stessi osservando in prima persona.
Minevski sbroglia la matassa degli eventi in uno spazio-tempo che sembra sfuggire al lettore, ripercorre eventi dell’infanzia del protagonista, alcuni autobiografici, in una sequenza di flashback distanti geograficamente oltre che temporalmente, alla quale fa da sfondo un presente tutto balcanico. La scelta dei tempi verbali è dunque fondamentale per ricreare il giusto flusso narrativo partendo da una lingua, slava appunto, priva della consecutio temporum più tipica invece delle lingue neolatine. A ciò si aggiunge la sovrapposizione temporale operata dall’autore che si riflette nell’uso, a volte morboso, dell’antitesi tra presente (reale?) e passato ed è espressa dalla contrapposizione sto dicendo / dissi. Il tutto forma un cerchio che, per dirla alla Manchevski, regista conterraneo di Minevski, “non è rotondo e il tempo non muore” (Prima della pioggia). Entrambi condividono il tema del conflitto etnico tra albanesi e macedoni, sebbene ne Il bersaglio rappresenti il filo rosso dell’incontro tra il protagonista e la sua rivale, senza mai proporre considerazioni di carattere politico e scevro da ogni giudizio.
Non meno laborioso e divertente è stato trovare i corrispondenti lessicali ai soprannomi dei personaggi. Nella traduzione ho cercato di rendere il senso del soprannome originale e dove possibile anche le assonanze. Sono tutti, infatti, giochi di parole che nella semplice traslitterazione in lingua italiana avrebbero perso completamente il loro significato. Incontriamo così alcuni soggetti come i commilitoni Echo Altavoce e Pano il Verga dai nomi dei quali è possibile identificare una peculiarità fisica, e altri che connotano un aspetto caratteriale come la professoressa di matematica Volia Vogliente o il soldato Beota Scorbutico. Per altri, invece, le sfaccettature semantiche sono più complesse e sintetizzano delle vere e proprie biografie, come nel caso di Leonno Pretemorso Pellegringhio che viene tuttavia citato solo una volta, lasciando così al lettore l’interpretazione sull’origine di quello strano nome. Per alcune di queste creazioni e per decifrare alcuni modi di dire insoliti, mi sono consultato con parlanti madrelingua.
La lettura è senz’altro appassionante e mai scontata, tiene in serbo però alcuni passaggi, per così dire, oscuri e di difficile comprensione. A volte si tratta di spunti autobiografici della voce narrante e dello scrittore, che come si scoprirà coincidono; in altre circostanze racchiudono un forte simbolismo, specifico di Minevski, che sfocia nel surreale e fonde realtà e immaginazione:
«E allora capii, Doruntina, sto dicendo, capii, dissi, che anche lei a volte non distingueva tra una probabile verità e una probabile bugia; tra la realtà e la finzione, tra l’arte e la vita.»
La frase pronunciata dal protagonista racchiude la strategia stilistica che pervade il racconto e sulla quale mi sono confrontato direttamente con l’autore. Un lettore attento saprà individuare alcuni errori dell’eroe-scrittore nell’opera di questo affermato autore macedone, presentato in Italia per la prima volta da Lastaria Edizioni.