Autore:
Minna Lindgren / editore: Sonzogno, 2015
Pubblicazione:
23 ottobre 2015
Mistero a Villa del Lieto Tramonto (in finlandese Kuolema Ehtoolehdossa) scritto da Minna Lindgren e pubblicato in Italia nei primi di luglio da Sonzogno, è il primo volume della soprannominata trilogia di Helsinki.
Villa del Lieto Tramonto è una residenza per anziani, dove le tre protagoniste ultranovantenni Siiri, Irma e Anna-Liisa trascorrono i loro ultimi anni. Una catena d’intrighi e una sequela di eventi ambigui spingono le tre vecchine a trasformarsi in investigatrici sui generis.
Tre donne e tre voci differenti, ognuna dotata di uno stile peculiare, specchio di un personale atteggiamento nei confronti dell’esistenza: è questa una delle principali peculiarità linguistico-stilistiche di questo romanzo, la prima che mi è risultata evidente da subito. Rimanere fedele al timbro specifico di ciascuna protagonista è stato uno dei miei compiti, che nel concreto è significato tradurre prestando particolare attenzione al rispettivo periodare, alle modulazioni di registro e al gergo consueto, fatto di determinate esclamazioni o di espressioni ricorrenti.
Da tempo oramai gli scrittori finlandesi si sono resi famosi in Italia grazie alla loro [particolare] verve umoristica, e la critica straniera ha già paragonato l’umorismo di Lindgren a quello di Guareschi per Don Camillo o di Agata Christie in Miss Murple. Quel che è certo è che molto dello humour dell’autrice finlandese nasce proprio dalla sua grande capacità di giocare con la lingua, di manipolarla al massimo delle sue potenzialità con l’intento di creare innumerevoli doppi sensi. Neologismi, giochi di parole, assonanze, forme proverbiali arrangiate su modi di dire finlandesi compongono il tessuto delle sue pagine e qualunque traduttore sa bene che ciò rende il processo di traduzione entusiasmante e impegnativo insieme.
Perfettamente consapevole delle enormi differenze che intercorrono tra due lingue come l’italiano e il finlandese, per dare alla traduzione quel prisma di sfumature che c’è nel testo di partenza, ho scelto di seguire la strada della “ri-creazione”, ovvero di ricomporre il motteggio linguistico lindgreniano stando attenta a non allontanarmi troppo dal solco già segnato. Ho quindi ricercato degli stratagemmi linguistici che mi permettessero di tradurre “ri-creando” il medesimo effetto, senza però spingermi mai verso scelte troppo ardite o “traditrici”, in quanto ritengo importante soddisfare la curiosità del lettore dimostrata nella scelta di un certo autore o, in tal caso, autrice.
Il criterio adottato dunque è stato, in chiave crociana, rievocare quel qualcosa d’intraducibile dell’originale e ri-dirlo escogitando delle adeguatezze omologiche. In sede di neologismi, ad esempio, ne ho creati altri analoghi, così sono nati il tramtram e la moccocacca (relativamente a tram e mosca), il bastone Cavalier Gastone ed espressioni come il whisky della buonanotte e, pilastro portante del romanzo, la cantilena di Irma tic tac, tic tac, tic tac. Nel romanzo è espressa in svedese döden döden döden e chi conosce questa lingua scandinava sa che döden significa morte. Irma infatti intona il suo motivetto scanzonato ogni qual volta che con ironia, o con amarezza e anche e con una certa disinvoltura parlano della loro morte. Molte traduzioni, prime fra tutte quella francese e quella spagnola, hanno deciso di lasciarlo inalterato, io invece ho sempre pensato che ciò smorzasse la magia della narrazione, che potesse creare un problema di ricezione e che ostacolasse l’agilità della lettura. Döden döden döden è una sequenza di tre parole troppo esotica e aliena al lettore italiano e soprattutto è stato uno spunto da non farsi scappare per ripristinare un marchio di riconoscibilità del testo, funzione che la cantilena per l’appunto assolve nel romanzo in finnico. La mia scelta traduttologica nasce dalla convinzione che servisse qualcosa di altrettanto orecchiabile e che, per adattarsi al contesto in cui ricorreva, fosse in qualche modo collegabile alla morte. Per una serie di bizzarre associazioni d’idee ho ripensato a Capitan Uncino e al coccodrillo che ha mangiato la sveglia e che con il suo ticchettio spaventa a morte il pirata… Tic tac è musicale, si rifà allo scadere del tempo e l’immagine goliardica legata al cartone animato di Peter Pan calzava a pennello con la caratterizzazione del personaggio di Irma.
Lindgren ha scritto un romanzo che oltre a essere un giallo vuole chiaramente catapultare il lettore nella Finlandia di oggi e in particolar modo nella sua città natale, Helsinki, attraversata in lungo e in largo dalle protagoniste su tram che si trasformano in macchine del tempo. La Città Bianca del Nord, le sue strade e i suoi palazzi sono scenografia della storia e sua parte integrante e a quel punto mi sono posta il problema se tradurre o meno i loro nomi. Dopo molte titubanze legate soprattutto alla mia abitudine di aver sempre nominato quei luoghi per me familiari con il loro nome autoctono, dopo essermi confrontata con l’editor di Marsilio Francesca Varotto (che ha mostrato grande sensibilità alla questione e che ringrazio per la fiducia riposta) in pieno accordo abbiamo deciso di tradurre laddove possibile.
L’autrice non ha voluto semplicemente descrivere un paesaggio suggestivo ma ha scritto una storia per veicolare una società, un contesto culturale, una realtà cittadina e ciò ha investito me in quanto traduttrice di una responsabilità perché dovevo fare in modo che in quell’universo lontano e sconosciuto il lettore avesse gli strumenti per orientarsi, a partire appunto dai nomi delle strade e dei palazzi. Su quei nomi inoltre Minna ci scherza, realizza delle brevi parentesi ironiche e lasciarli invariati avrebbe provocato una perdita ancora maggiore rispetto al tradurli. La volontà di aprire un varco e di realizzare un ponte immaginario tra due culture è lo spirito che ha contagiato anche gli editor di Sonzogno, convincendoli a inserire nelle prime pagine una bellissima mappa stilizzata della città. Colgo l’occasione per ringraziarli tutti, la splendida edizione di questo libro è il risultato di un bellissimo lavoro di squadra.
Jurij M. Lotman affermava che un testo esiste solo all’interno di una cultura e con umiltà aggiungo che quando a esso è data la possibilità di superare i confini nazionali, soprattutto se molto lontani, il traduttore ha il compito di aiutare il lettore ad affrontare – se non a superare – l’ostacolo culturale che gli si profila davanti. Ecco perché lavorare alla resa in italiano di Mistero a Villa del Lieto Tramonto è significato anche e soprattutto gestire un rapporto di alterità e scrivere una traduzione che fosse interculturale oltre che interlinguistica, convinta che tradurre sia, al contrario di perdita, un processo e un operato di approssimazione.
Ai primi di marzo del 2014 un’agente finlandese mi ha scritto suggerendomi questo libro, e contemporaneamente l’editor Francesca Varotto mi ha chiesto di valutarlo. Ho pensato che fosse un buon segno. L’ho letto in un giorno solo e l’ho subito amato. Iniziare a leggere un giallo e ritrovare come protagonisti degli anziani che giocano a canasta, che parlano di morte e pannoloni era insolito, buffo e particolarmente originale e sorprendente. Mi resi conto che Minna Lindgren avesse scritto una storia che creava un universo narrativo, in cui si parlava di vecchiaia, di senso di solitudine, d’impotenza, e che da giornalista navigata qual è metteva a nudo con una leggerezza impressionante gli aspetti più oscuri del tanto decantato welfare finnico. Quando arrivò il momento di rispondere alla domanda se valesse la pena tradurlo, avevo ben chiara la risposta. Mi trovavo dinanzi a un romanzo intelligente, attualissimo e di grande brio che non poteva assolutamente mancare nel panorama editoriale italiano. Sapevo già che tradurlo sarebbe stata una piccola sfida ma sin da allora ero ben lieta di coglierla.