Immergersi nell’alba di un Krak
di Viviana Sebastio
Traduttrice editoriale dal neogreco e dall'inglese
Tradurre è tuffarsi nell’altra lingua, è immergersi nelle sue parole e lasciare che queste ti accolgano. Come un bravo apneista, il traduttore si cala verso il fondo tra vocaboli, significati e significanti. Nella sua lenta discesa troverà qualche resistenza, ma non dovrà lasciarsi prendere dallo sconforto o dal senso di frustrazione, l’attrito è fisiologico e serve a tenerti vigile.
Più scivola giù, più l’apneista-traduttore si sente a proprio agio nel nuovo ambiente che lo circonda; anche la vista si acutizza e inizia a distinguere i segni più remoti, a riconoscere colori e sfumature. Nella sua immersione si imbatterà, di certo, anche in zone d’ombra, finché un inatteso raggio di sole penetrerà con la giusta inclinazione e illuminerà quel significato oscuro. Con sempre maggior naturalezza prenderanno così a emergere in superficie, nella lingua madre, significati e significanti inabissati dall’antica condanna di Babele.
Io mi sono tuffata nella lingua madre di Thomas Tsalapatis, come nel Mar Egeo e l’immersione mi ha divertita, sorpresa, stupita.
Thomas Tsalapatis, classe 1984, scrive in greco, una lingua che – per dirla con le parole dello stesso poeta – si estende sconfinata nel tempo. Una lingua di origine antica, evoluzione di quella parlata da Omero, che si è adattata ai secoli e ai suoi parlanti, familiarizzando anche con termini provenienti da vari altrove.
Da poco più che ragazzo Thomas Tsalapatis si è nutrito di letteratura greca e straniera, si è abbeverato alla fonte di poeti, scrittori – in L’alba è massacro signor Krak vediamo far capolino soprattutto i surrealisti francesi – e drammaturghi di ogni dove.
La sua scrittura è la “coabitazione di alcune contraddizioni”. In essa risiedono tanto l’amore e il rispetto per la poesia – in particolare per la tradizione poetica greca contemporanea – quanto tutti quei fenomeni che hanno formato l’autore e la sua generazione: il teatro, il cinema, il grunge, il fumetto, la stand-up comedy, i Radiohead e via dicendo.
A prima vista le scelte espressive di Tsalapatis potrebbero apparire semplici, ma in realtà sono figlie di un accurato lavoro di sgrossatura del testo: bisogna “tagliare, perdere”, questo il poeta ateniese raccomanda, come “dieta necessaria per preparare il tuo stomaco letterario”.
E io nel tradurlo ho cercato di seguire la sua stessa dieta, basata sulla sintassi asciutta e sul gusto per la parola sopraffina. Ho cercato di seguire lo stesso incedere fresco e fluido, nel quale Tsalapatis ha seminato, qua e là, parole di inciampo, su cui il lettore è chiamato a lasciarsi cadere. O meglio lasciarsi scivolare per finire nel mondo onirico, visionario e surreale di Krak, dove si va a caccia di ombre che fuggono per conquistare la libertà, o si incontrano giganti che in realtà non sono affatto all’altezza della situazione.
L’inciampo è generato da un termine dal registro più elevato, che si può incontrare in un “giorno imperioso” – μια επιτακτική μέρα –, o da un inconsueto abbinamento di vocaboli che raccontano la “sudaticcia disperazione” – η ιδρωμένη απελπισία – di chi ha smarrito la propria ombra. Si può aver la fortuna di inciampare anche in un "silenzio sbilenco” – η σιωπή στραβοκάνα – che ci invita a contemplare la nostra “giovane archeologia”.
La narrazione in L’alba è un massacro signor Krak è come un mosaico composto da grandi e piccoli frammenti di poesie e poesie in prosa. Ciascun tassello rappresenta un pezzo del cosmo di Krak.
Le varie tessere compaiono nel libro senza un particolare ordine, intendo cronologico; d’altronde il tempo del signor Krak è un tempo sospeso, come quello in cui galleggiano i nostri sogni. E così questi tasselli raffigurano talvolta il presente, talaltre il passato.
E qui entra in gioco, per chi traduce dal greco in italiano, la questione dell’aspetto verbale. Mentre in neogreco il passato è solitamente espresso, oltre che dall’imperfetto, dall’aoristo indicativo – semplifico per non addentrarmi qui in questioni grammaticali –, in italiano è necessario scegliere se rendere questa forma verbale con il passato prossimo o con il passato remoto.
Le strane circostanze del signor Krak, però, non hanno tutte la stessa distanza temporale dal loro presente, per cui ho deciso di adottare entrambi i tempi verbali, in base alle esigenze narrative.
Ho creato quindi un’ideale linea temporale, sulla quale ho collocato, seguendo le indicazioni del signor Krak, le vicende della sua esistenza, affinché anche voi possiate scrutarla da quella crepa che, generando il suo nome, si affaccia sullo stupore.