L'amore morale, il cui titolo greco è L'incontro, rappresenta, pur nel limite delle sue trentanove pagine (nell'edizione italiana), un piccolo esempio di quello che sarebbe la letteratura se, nell'ultimo scorcio di Novecento, la trasformazione in industria della pratica letteraria ed editoriale non avesse prodotto una confusione sempre più nefasta tra riflessione e intrattenimento. Con le conseguenze che tutti conosciamo: editori che non vogliono sentir parlare di libri veri, autori che si autocensurano nutrendo la vana speranza di essere pubblicati, e quella ancora più vana di ottenere il riscontro del pubblico, e lettori sempre più alla deriva, e per questo sempre meno numerosi - le statistiche che dicono il contrario, sia in Italia sia all'estero, sono appunto statistiche, ossia ricerche a tema con esiti stabiliti in partenza e suggellati dalla presunta "scientificità" (l'oppio della nostra epoca) del metodo adottato. Il giovane autore dell'Amore morale, Konstantinos D. Tzamiotis, qui alla sua opera d'esordio, a questo proposito è molto chiaro. Gli scrittori sono la coscienza di un popolo, di una civiltà, essi tengono accesa la fiaccola della ragione e si incaricano di spiegare, sotto il velo della metafora, il perché, laddove la cronaca si accontenta di raccontare il come. In questo senso, la letteratura è una filosofia espletata attraverso il "mito" (in senso platonico) che, parafrasando Aristotele, può essere più storico della storia. Tenendo conto di queste premesse, ci si rende conto che il peso sostenuto dal traduttore è piuttosto gravoso. Condividere tali assunti di partenza significa esplorare le modalità del loro diventare parola, frase e libro, e ripercorrere, insieme con l'autore, tutte le tappe che dalla riflessione teorica hanno condotto alla pratica della scrittura. La lingua, dunque. Una lingua cesellata a lungo e forgiata nella fucina della filosofia, che in greco è nata e ha parlato per prima. Come rendere per esempio la differenza tra "synolo" e "olo" - forme moderne del greco antico "synolon" e "olon"? Il problema sta in quel "syn-": che equivale al latino "cum" e dunque all'italiano "con". Poi "olos": aggettivo che significa "tutto". "Synolos": il tutto composto da parti, la totalità in quanto somma di varie componenti. "Olos": il tutto come massa compatta. Tanto naturale in greco, ma in italiano occorre interpretare (con l'aiuto dell'autore) e quindi tradurre: "[Il pittore] ammira l'armonia delle parti, [il generale] la perfezione del tutto" (pag. 14). La critica greca ha altresì segnalato "l'ispirazione kavafiana" che percorre l'opera del giovane autore. In che senso? Non certo in quello esteriore (il genere letterario è diverso, così come l'ambientazione geografica e sociale), e del resto sarebbe ingenuo compiere una ricerca in questa direzione. A spiegarcelo è l'autore stesso. La lezione di Kavafis è stata tenuta presente in quanto, come le poesie di quest'ultimo, L'amore morale rappresenta una metafora della moderna civiltà europea: raffinata, ricca di storia, e consapevole di questa ricchezza, ma incapace, o in ogni caso meno capace di civiltà concorrenti, di guidare il cambiamento. Al contrario, la civiltà europea sembra rivolta al passato (Krein è un archeologo in pensione). Ecco Kavafis, dunque, che invece aveva scelto il manto di Bisanzio e dell'Alessandria ellenistica per parlare del suo tempo. Mentre Tzamiotis sceglie l'Europa centrale della fine del Diciannovesimo secolo. Il traduttore deve tenere presente questo fattore, e adeguarvisi. Conservando il peso degli inserti riflessivi dell'autore (che, come Kavafis, si ritaglia uno spazio all'interno del meccanismo narrativo commentando l'azione o annunciando al lettore gli sviluppi della storia - peraltro scarna di eventi veri e propri). Oggetto di alcune discussioni tra autore e traduttore è stato il modo di proporre il monologo interiore del protagonista. Tzamiotis sceglie una strada "convenzionale" per denotarlo, ossia le virgolette. Il monologo interiore proposto nell'Amore morale si svolge senza salti, non ha l'aspetto di un flusso di coscienza frammentato e desultorio. A questo livello si verifica l'incontro tra autore-personaggio e protagonista. I pensieri del primo sono attribuiti alla persona dramatis, ma quello non scompare del tutto. Il "monologo interiore" diventa un "dialogo interiore", la coscienza del protagonista si oggettivizza, mentre il narratore, onnisciente, decide di assumere lo sguardo della sua creatura (del resto, l'esergo avverte che L'amore morale è costituito da un diario ritrovato casualmente nella Biblioteca Nazionale di Vienna). Il traduttore, in un primo tempo, aveva pensato di traslare tutto alla terza persona. A pagina 13, per esempio, Krein dice a se stesso: "C'è stato un tempo in cui davi risposte, in cui trasformavi in risposte le domande altrui. Era la tua dote migliore…". La prima versione era in terza persona, nella forma del discorso indiretto: "C'era stato un tempo in cui Krein dava risposte…". Tzamiotis ha insistito, e il traduttore, riflettendo, ha compreso che aveva ragione, perché anche in italiano il dialogo di Krein con se stesso venisse lasciato come nell'originale. Anche il lettore italiano, come quello greco, doveva trovarsi di fronte a qualcosa di inaspettato, così come si imponeva rispettare la tecnica dell'autore nel contempo monologica e dialogica di Tzamiotis. Nei due libri successivi di Tzamiotis tale tecnica si affina e amplia ulteriormente: c'è soltanto da sperare che la pubblicazione in italiano dell'Amore morale non resti un caso isolato.