La prosa scorrevole e accattivante di La Perfida Madrina, della prolifica scrittrice scozzese M.C. Beaton, ha reso il compito del traduttore non troppo arduo e di certo molto piacevole. Anche se, come sempre, non del tutto privo di insidie e momenti di dubbio.
Paragonato ad altri testi tradotti, in questo caso le difficoltà sono da mettere in relazione soprattutto all'accurata ricostruzione storica e di costume risalente a oltre due secoli fa, con gli innumerevoli dettagli di contorno.
La serie A House for the Season è infatti ambientata nella Londra di inizio Ottocento. Protagonista principale è forse, più che un particolare personaggio, tutto l'edificio, con i suoi piani alti e piani bassi, abitati da padroni e servitù, ciascuno con i problemi tipici del proprio status sociale.
Siamo nel pieno delle guerre napoleoniche, e l’eco lontana della Rivoluzione Francese non si è del tutto smorzata. La frivola società londinese si dedica con accanimento ai propri piaceri, mentre il popolo vive di espedienti quando non di stenti. Avere un impiego come domestico in una dimora signorile è un privilegio e perderlo una sciagura, sapendo che, causa la grave crisi economica dovuta alla guerra, trovarne un altro sarà quasi impossibile.
Dalle pagine del romanzo emerge un'ambientazione storica che richiede ricerche - a volte difficoltose tanto si entra nel dettaglio - per capire come, a quei tempi, usava vestirsi, viaggiare, rispettare le leggi, relazionarsi in società e molto altro.
Ma un elemento di aiuto è senz’altro il fatto che il romanzo fa parte di una serie: La Perfida Madrina è la quarta di sei storie ambientate al numero 67 di Clarges Street, una dimora affittata di anno in anno per la Stagione. Tra i mesi tra aprile e agosto le figlie dell’aristocrazia e della nobiltà lasciavano le maestose dimore di campagna e, rigorosamente accompagnate da chaperon, affluivano nella capitale per fare il loro ingresso formale in società e possibilmente accasarsi.
Chiaramente, in ogni romanzo il ritorno alla stessa dimora, alla stessa ambientazione e agli stessi personaggi dei piani bassi aiuta il traduttore a trovarsi la strada parzialmente spianata, per così dire, rispetto a un romanzo completamente nuovo dove tutto, a livello traduttivo, è da decidere e impostare.
Un esempio: la servitù parla cockney e sgrammaticato. Quanto? Qualcuno parla davvero molto male, qualcun altro un po’ meno, qualcun altro ancora si dà un tono e cerca di apparire forbito pur essendo platealmente ignorante. E’ possibile rendere tutte le sfumature di sgrammaticatura? Personalmente non credo. Chi ha provato a dar voce a personaggi che parlano sgrammaticato sa bene come sia facile trovare una resa “sicura” per chi parla molto, molto male, ma quanto sia invece difficile riuscire a rendere una sgrammaticatura leggera, che potrebbe rischiare di far suonare la frase bizzarra senza però indirizzare il lettore dritto al punto. Certo, con corsivi e ammiccamenti vari si può raggiungere l’obbiettivo, ma una volta fatto lo sforzo nel primo romanzo e trovata la caratterizzazione e la gradazione giusta per ognuno… beh, tutti dubbi già soppesati, decisioni già prese! Lo stesso vale per la fisionomia caratteriale (certo, scelta dall’autore a priori, ma al traduttore spetta pur sempre la resa).
Così, la “famiglia” dei piani bassi, ovvero lo staff, che nel suo insieme è la vera protagonista del romanzo, è già stata caratterizzata, ciascun soggetto con i suoi spassosi tratti distintivi: Angus MacGregor, il collerico chef delle Highlands perennemente infuriato perché la sua arte culinaria faticosamente appresa in Francia va sprecata in quella Londra dove pochi sono in grado di apprezzare le vere raffinatezze del palato; il maggiordomo Rainbird, vero eroe anti-divo del romanzo, che con la sua saggezza fa andare a buon fine liaison burrascose e salva ingenue ereditiere dalle mire di avidi avventurieri. Di lui è da sempre invaghita Mrs Middleton, la governante “con la faccia somigliante a quella di un coniglio ansioso”, che non rinuncia alla speranza di coronare il suo sogno d’amore. Da citare sopra a tutti, poi, Joseph il valletto, che con la sua parlata agghiacciante e la pronuncia cockney è quello che più lascia di stucco. E così via, fino ad arrivare alla languida Jenny, a Dave lo sguattero, salvato da un’infanzia di sfruttamento minorile dal buon Rainbird, fino a Lizzie, la piccola, amata sguattera di cucina che sogna un futuro migliore.
Alle parlate di ogni singolo personaggio, a volte infarcite di strafalcioni marchiani, si vanno ad aggiungere i problemi traduttivi legati ai diversi gerghi: il gergo militare ottocentesco, il gergo del ton nelle sue frequentazioni delle assembly rooms di Almack’s e delle rout organizzate nelle varie nobili dimore; il gergo dell’abbigliamento, che la fedele ricostruzione dell’autrice fa risultare in una congerie di overdress, underdress, cravat e svariati altri tipi indumenti e tenute: da giorno, da sera, da equitazione, da casa - chi più ne ha più ne metta - ognuna declinata nei vari garments o addirittura strati: a partire dai mutandoni – o dall’assenza di mutandoni – a tuniche, grembiali, sottabiti, soprabiti e ai più disparati tipi di cappelli, cappellini, cuffie e velette. Su questo dominio regna Mr Brummell, arbitro di stile e giudice incontrastato della moda londinese, al cui movimento di un mignolo un capo impazzava o era ignominiosamente superato.
Degno di nota anche il gergo relativo a carrozze e cavalli, unico mezzo di trasporto dell’epoca: tiri a due, a quattro, carrozze da viaggio, da corsa, sportive, da utilità, pahaeton, curricle, gig, brougham e omnibus, con tanto di accessori interni e ed esterni.
Ma, tralasciando per un attimo le insidie della traduzione, lavorare alla Perfida Madrina è stato come tornare a casa, certi dell’accoglienza e calda familiarità che le pagine riservano. Volendo citare le brillanti autrici di Curarsi con i Libri, Rimedi Letterari per Ogni Malanno, Ella Berthoud e Susan Elderkin, secondo le quali per ogni malanno (sia di corpo, che di cuore, che di anima) esiste una cura letteraria, io credo che alla lettera A, alla voce Abbandono, paura dell’, ci starebbe proprio bene la serie A House for the Season (in italiano 67 Clarges Street), dove qualunque lettore solo e abbandonato, in cerca di amici o famiglia, o di qualsivoglia forma di conforto o compagnia, troverebbe ciò che far per lui, un caloroso, corale: “Bentornato, amico lettore!”.