La psicologia della zia ricca

Argomento: Romanzo
Pubblicazione: 26 febbraio 2019

Eine Tantologie... “un’antolozia - ho azzardato, guardando la foto di Erich Mühsam in cerca di approvazione - di 25 monografie che contribuisce alla soluzione del problema dell’immortalità”. Questo il sottotitolo dell’unica opera narrativa di quell’autore dagli occhiali spessi, conosciuto maggiormente come fine teorico libertario e militante anarchico di primo Novecento. Mühsam è il poeta dalle liriche battagliere, il cabarettista, il giornalista dalla penna tagliente, l’editore e redattore unico di Caino: rivista per l’umanità, l’acceso oratore di fabbrica. Tutta la sua produzione letteraria, declinata nelle molteplici forme espressive, mira a sferzare con ironia e senza alcun timore ipocrisie e ingiustizie della società guglielmina; un’azione questa che Mühsam, intuendo molto prima di altri, prosegue con la denuncia e il tentativo di smascheramento dell’ascesa nazista. Dal nazismo e da Goebbels in particolare, Mühsam, “l’ebreo rosso”, viene perseguitato per tutta la vita, seviziato e infine ucciso nel lager di Orianenburg.

La psicologia della zia ricca è un lavoro del 1905: lo introduce una splendida ouverture in cui Mühsam dichiara, alternando piglio professorale ad un più vivido tono dell’imbonitore nel Far West, l’intenzione del testo: dimostrare scientificamente - e una volta per sempre - l’assoluta immortalità delle zie-ricche-di-cui-si-attende-l’eredità.

Quest’ultima è una categoria umana che si mostra apparentemente immune dalla falce della Comare Secca. Partner e alter ego dell’autore in questo percorso di ricerca narrata è il nipote, o meglio lo sono i tutti i nipoti possibili: spiantati e ingenui, avidi o solo disperati, deliberatamente crudeli o realmente amorevoli: figure chiave e allo stesso tempo cavie da laboratorio grottesco, su di loro poggia la speranza del genere umano e la responsabilità di supportare - o far naufragare - la tesi dell’immortalità della zia ricca. Psicologia o fisiologia? Siamo davvero sul limite: la narrazione procede secondo l’unico e rispettoso metodo di catalogazione: attraverso un ordine alfabetico 25 zie, da zia Amalia a zia Zerlinda, vengono raccontate assieme al loro entourage nipotale, dentro le loro case, con i loro vizi, le loro ossessioni e strategie.

Gli strali e le invettive politiche di Mühsam si mitigano ma solo in superficie, diventano un ghigno sarcastico e impietoso, si trasformano in un occhio e un naso impudichi che, impegnati e divertiti quanto quelli del lettore, s’intrufola tra i vecchi merletti, s’infila nelle madie, sotto letti polverosi, dentro cassetti segreti, sotto gli ombrellini e le sottane di possibili zie di tutti: attempate virago, aspiranti poetesse, ninfomani, avarissime streghe, dolci ziette, misere vedovelle, zitelle oltranziste, che sotto sete pizzi o stracci, celano la loro imperitura mostruosità.

La grande abilità di Mühsam sta nel plasmare la sua scrittura attraverso un’esperienza esistenziale obliqua: nella sua opera, l’ambiente originario borghese ed ebraico si mescola a quello dei circoli intellettuali e artistici, i bassifondi e i cabaret berlinesi incontrano il proletariato e il sottoproletariato industriale di Monaco, mentre al dialogo politico con i rappresentanti dei movimenti comunisti e anarchici fa da controcanto la persecuzione subita, il carcere e la tortura. L’osservazione sensibile e indipendente e lo sguardo critico restituiscono le voci e i volti, permettono a Mühsam di essere efficace nell’individuazione dei soprusi e delle violenze del potere, soprattutto nell’intravederne i germi ed effetti nelle piccole o grandi meschinità della società tutta. Un sorriso a volte amaro ma mai spento, che senza alcuna retorica e privo di moralismi, vivifica la sua tensione verso un pensiero e una pratica che reclama un risarcimento verso i diseredati tutti.