Nel 1845 John Adulphus Etzler, ingegnere e filosofo, fonda la TES (Tropical Emigration Society), con l’intento di creare una comunità nell’isola di Trinidad e Tobago basata sulle sue invenzioni: dei macchinari alimentati esclusivamente dalle forze di Madre Natura che sostituiscono il lavoro manuale dell’uomo. As Flies to Whatless Boys racconta il viaggio in nave che questo gruppo di pionieri compie da Londra all’isola dei Caraibi. Il lettore conosce la storia tramite la voce di William Tucker, un ragazzo inglese imbarcato sulla nave con il padre e tutta la sua famiglia. E sono proprio le vicende dei Tucker a fare da sfondo alla narrazione, in particolare la storia d’amore tra William e Marguerite Whitechurch, una giovane di estrazione borghese – un mondo lontanissimo da quello operaio di Willy – nata senza le corde vocali e che comunica con il ragazzo solo scrivendo.
L’aspetto predominante del romanzo, e che pertanto non va sottovalutato durante la traduzione, è senz’altro quello linguistico. La tensione stilistica si rispecchia nel pastiche delle lingue vernacolari di Trinidad: l’inglese colloquiale non standard del narratore in contrapposizione allo Standard English dei biglietti scritti da Marguerite. Lo slang di John l’Africano e l’inglese di Etzler, caratterizzato da un forte accento tedesco e la cui grammatica e ortografia lasciano a desiderare. L’apice della sperimentazione linguistica si trova nelle mail mandate da Ms. Ramsol, direttrice dell’Archivio nazionale di Trinidad e Tobago a mr. robot (così pronuncia il nome Robert), caratterizzate dalla presenza di abbreviazioni, numerali e dalla pressoché totale assenza di segni di interpunzione. In questo romanzo Antoni crea una lingua a sé stante, carica di inventiva e fortemente musicale, che si distacca da quella standard.
Ma come può un lettore italiano, che legge il libro in italiano, riuscire a cogliere tutte le sfumature, gli accenti e i neologismi presenti nell’inglese? Indubbiamente il residuo traduttivo è marcato, e così pure le perdite. Il concetto principale che deve passare è quello di un linguaggio estremamente colloquiale e di una limitata padronanza della lingua. In traduzione, quindi, ho optato per un italiano che devia dallo standard ricorrendo alle frasi scisse, alle dislocazioni, all’ utilizzo del che polivalente e – forse la scelta più forte – all’eliminazione del congiuntivo e del condizionale a favore dell’indicativo o dell’imperfetto. Tutti aspetti che rendono la traduzione più adeguata al testo fonte e che contribuiscono a creare una lingua autentica e non fasulla, né caricaturale.
Anche l’aspetto sonoro non è da sottovalutare: nel testo di partenza sono presenti moltissime allitterazioni, assonanze e ripetizioni che ho ritenuto opportuno non eliminare. È fondamentale, inoltre, rispettare le scelte lessicali dell’autore. Nel descrivere la personalità di Etzler, Antoni rivela che quest’ultimo non sopporta le persone che considera arretrate e “boobooloops”. “Boobooloops” è un’espressione tipica dello slang di Trinidad che descrive le donne molto grasse. La particolarità di questo aggettivo è quella di essere molto musicale e di evocare, anche graficamente, un’immagine ben precisa agli occhi di chi legge. Per questo nel testo italiano si è cercato di trovare un’espressione che rispecchiasse sia semanticamente sia musicalmente quella utilizzata da Antoni (“cuuuloooona”).
Lo sperimentalismo di Robert Antoni si esprime, inoltre, tramite la creazione di neologismi, molti dei quali si basano su termini già presenti all’interno del vernacolo di Trinidad. L’esempio più lampante è quello di “mongoose”, che si trova nelle prime righe del prologo intitolato Awaiting the Tide (In attesa della marea). “Mongoose” (in italiano lo conosciamo come “mangusta”) è un piccolo roditore che si trova soprattutto in Asia meridionale, ma i “Trinis” utilizzano questa espressione per indicare una persona scaltra, subdola e infida (Antoni la utilizza in particolare per descrivere Etzler). Nel prologo, tuttavia, Antoni rivoluziona la natura di questo sostantivo utilizzandolo, per la prima volta, come verbo. In questo caso si è ritenuto opportuno optare nuovamente per una traduzione adeguata al testo fonte, dando vita a un neologismo in italiano (“mangustare”).
Non è stato facile, infine, decidere come gestire gli aspetti che riflettono la cultura caraibica. Nel testo, infatti, si trovano moltissimi nomi di piante e uccelli che crescono e vivono solo in quel territorio. Per evitare di addomesticare troppo il testo e allontanarlo dalla cultura a cui appartiene, molti nomi di uccelli e piante, come picoplat, coccoloba, pommeracs, sono rimasti nella versione italiana non per amore di esotismo, ma nella ferma convinzione che il fine ultimo della traduzione sia accogliere lo Straniero in quanto tale.