Il libro si presenta come un doppio incontro nel contesto del movimento surrealista: un poeta René Char e due artisti che in tempi diversi illustrano momenti diversi di uno stesso testo che si chiama dapprima Ghirlanda terrestre e poi Lettera Amorosa. Jean Arp nel 1952 coglie il poema in fase di abbozzo manoscritto, George Braque nel 1963 nella versione definitiva a stampa. In entrambi i casi testo e immagini si “traducono” e si integrano, si compenetrano, si parlano.
Quanto alla traduzione italiana di questa Lettera amorosa, vale sempre la definizione che dava Caproni della traduzione di Char nel volume Poesia e Prosa (Feltrinelli 1962), citato poi da Sereni nella prefazione ai Fogli d’Ipnos (Einaudi 1968): essa è “un’imitazione”. «Dico imitazione» scriveva Caproni «perché mi rendo conto che una restituzione perfetta rimane sempre, quando si tratta di poesia traslata, una chimera» e questo, che vale in generale per la traduzione di poesia, corrisponde più particolarmente a Char perché, scrive questa volta Sereni «Nessun termine come “invenzione” è più lontano dalla poesia di Char, dai suoi connotati e soprattutto dal suo moto d’origine nascosto e dal suo sbocco sulla pagina […] Direi che quasi non si dà problema di equivalenza basata su scambi, inversioni o riporti all’interno dell’economia del testo.» prosegue Sereni, «Non c’è insomma quello scampo, quel recupero che la densità o l’estensione di tanti altri testi consentono, di volta in volta, all’operosità del traduttore.» E questo perché la poesia di Char è, cito ancora Sereni, «una continua, varia, autorigenerantesi citazione da un libro nascosto ove s’intenda per tale la realtà nelle sue successive messe a fuoco nelle sue versioni avvertite per un attimo autentiche. […] Nel suo insieme antielegiaca, antinarrativa, antidiscorsiva la poesia di Char è poesia d’illuminazione, ellittica, oracolare», e ancora, ciò che più si attaglia alla Lettera amorosa, la poesia di Char «ha le radici nell’istante e nel fenomeno e dunque – contro ogni apparenza – nel quotidiano. Ma non è in alcun modo poesia del quotidiano, nella misura in cui rifiuta di essere gestione poetica della quotidianità.»
Non ho nulla da aggiungere a questa precisissima definizione di Sereni se non che l’esperienza del tradurre, del seguire e imitare Char nelle due versioni della Lettera amorosa è stato proprio, fin nelle più minute scelte lessicali e sintattiche, un tentativo di rimanere il più possibile in equilibrio e saper contenere sul crinale dei versi sia il quotidiano, la materialità della sorgente che l’oracolarità ellittica dello «sbocco sulla pagina».