Ho conosciuto Harry Potter da lettrice. Era uscito il primo romanzo in italiano, prometteva bene, era presentato in modo attraente, e l'ho comprato. Va detto che per me leggere letteratura per ragazzi e per adulti è la stessa cosa, mi piace in sé, non perché scrivo per ragazzi e sono editor di libri per ragazzi. Da sempre sono curiosa e sto attenta alle novità (anche se molte per me ormai non sono sorprese, soprattutto tra i libri stranieri: magari ho letto quello stesso romanzo un anno o due prima, quando è stato proposto in manoscritto agli editori italiani, e ho deciso di non proporlo per la pubblicazione alla casa editrice per cui lavoro). Il primo HP mi è piaciuto, tanto che mi sono cercata (o ho aspettato, non ricordo bene i tempi) il secondo volume in inglese. Poi Salani mi ha proposto di entrare in campo dal terzo libro, che non a caso, credo, è ancora il mio preferito. Una traduzione tranquilla, sommessa, come lo sono in genere questi lavori, senza incursioni da parte dei giornalisti. E poi la bomba HP è scoppiata un po' dappertutto, e mi sono trovata, curiosamente, a rispondere a domande di ogni genere, anche pochissimo connesse col mio lavoro di traduttrice: lei è amica della signora Rowling? vi conoscete? la invidia? Sicuro che la invidio: ma io non so scrivere il fantastico, e quindi la mia è un'invidia smorzata, generica, gentile. E no, non ci conosciamo, non sono sua amica, faccio solo, indirettamente, un lavoro per lei. Credo che nessun traduttore in Italia abbia mai ricevuto tanta attenzione. Eppure per il successo di un libro molto dipende dalla traduzione: se è faticosa, lo diventa anche il libro, è fatale. E quindi lo metti da parte perché non ti piace senza capire che a non piacerti non è la storia, o il linguaggio, ma la traduzione. Amo credere che HP abbia portato più attenzione a tutti i mestieri del libro, nel senso che magari anche un bambino impara a guardare un frontespizio e a leggere che cosa c'è stampato, capisce che dietro un libro ci sono tante professioni, tante persone. Così come, forse, anche un bambino scarso lettore può trasformarsi in un lettore appassionato e costante grazie all'incontro fatale con un libro che diventa importante nella sua vita quanto i cartoni animati, la playstation, il gameboy, il gioco, la scuola, lo sport. In questo senso credo che HP abbia cambiato un po' le carte in tavola, soprattutto in un'Italia di lettori pigri e fluttuanti: purché il suo effetto prodigioso si propaghi ai libri in generale. Purché i ragazzi si accorgano che tra un HP e l'altro (e quando non ce ne saranno più?) ci sono tanti libri da scegliere. E se i grandi li aiutano a guardarsi intorno, in libreria o in biblioteca, e a incontrare i libri giusti, è una gran cosa.