La mattina in cui ci siamo ritrovati là tutti e ventiquattro, alla Casa delle Traduzioni di Roma, venivamo da diverse regioni d’Italia, e ci siamo salutati con la timida cordialità di chi non si conosce ma sa di essere arrivato lì per lo stesso motivo degli altri: eravamo i partecipanti al laboratorio di traduzione letteraria per esordienti “24x4 (col resto di 4)”, organizzato da Isabella Zani, traduttrice editoriale, e Claudia Tarolo, editrice di Marcos y Marcos.
Il compito che ci attendeva era di quelli ambiziosi: prestare le nostre voci ai cento brevissimi racconti che compongono la raccolta 100 Papers della scrittrice sudafricana Liesl Jobson. Ognuno di noi ne avrebbe tradotti quattro, mentre a quello iniziale avremmo lavorato tutti insieme fin da subito. Così siamo partiti, in un crescendo ordinato di voci e di pensieri, e pian piano le parole hanno iniziato a riempire la stanza, a farsi vive e concrete davanti a noi.
Presto ci siamo tutti resi conto che il nostro lavoro sarebbe stato qualcosa di paragonabile all’esecuzione di un concerto: come in un’orchestra vera, noi traduttori siamo diventati un po’ musicisti che, sotto la direzione attenta di Isabella e Claudia, hanno trasformato le parole nelle note di un’unica sinfonia. Ciascuno con il proprio strumento, ci siamo avvicinati al testo di partenza con l’orecchio teso a cogliere la voce autentica di ogni racconto, ognuno dei quali racchiude, in un brevissimo lampo, istantanee di vite e storie differenti, dalle sfumature più tragiche a quelle più umoristiche. In questi cento lampi ogni parola pesa, è densa di significato, scandisce il ritmo di dialoghi e descrizioni, e determina la tensione dei racconti, che per la loro estrema brevità appartengono al genere della flash fiction.
La parola, nei cento scatti di Jobson, è però anche estrema concretezza, è percezione di dettagli minuti, e richiede una resa precisa e aderente alla realtà: non è un caso che nel corso del primo incontro le nostre ventiquattro paia d’occhi si siano concentrate attentamente su un rotolo di carta igienica finito (protagonista del racconto iniziale), per esaminare i minuscoli frammenti che rimangono attaccati al cartone.
Ma la parola è anche portatrice di musica, quella che percorre come un reticolato invisibile tutta l’opera di Liesl Jobson, una melodia sotterranea fatta di contrappunti e armonie che in alcuni punti del testo trova una breccia e irrompe in superficie, chiaramente percepibile.
Certamente ognuno di noi, in quanto esordiente, ha affrontato la traduzione di questi racconti come una sfida con se stesso, ma ha anche avuto la rassicurante sensazione di essere parte integrante di una squadra i cui componenti miravano allo stesso risultato, quello di comporre il “libro-concerto” (in un clima di cooperazione facilitato dall’utilizzo di un gruppo su Google e Facebook). Si è instaurato così un dialogo fra noi traduttori, ognuno portatore dei suoi regionalismi e dei suoi idioletti, sapientemente modulati dall’esperienza di chi fa della traduzione il suo mestiere e con l’orecchio allenato del direttore interviene a smorzare i toni o a esaltarli quando lo ritiene necessario.
Nei mesi che hanno preceduto la pubblicazione ci si è concentrati sulla revisione. Un’attività, anche questa, che è avvenuta in équipe: “Ventiquattristi”, Isabella e revisori in casa editrice hanno lavorato insieme per ottenere il risultato migliore, e sempre nel massimo rispetto del parere del traduttore, in modo che ciascuno potesse conferire la propria voce ai racconti assegnati. Ogni “orchestrale” si riconosce così nei brani che ha tradotto, perché nella sua “esecuzione” ha trasferito qualcosa del suo modo di chiamare la realtà, di nominare oggetti, sentimenti, situazioni di un’umanità tormentata, quella sudafricana, che spesso si presenta al lettore con una violenza che lo coglie alla sprovvista e gli mozza il fiato.
Grazie a questo laboratorio, cento racconti e 24 traduttori (più due) hanno potuto dare vita a un concerto entusiasmante in cui timbri differenti si sono amalgamati in un’unica voce.
Infine, pochi giorni dopo l’uscita in libreria, l’emozione di coronare il nostro progetto con la partecipazione alla fiera romana dell’editoria indipendente “Più libri più liberi”, dove abbiamo presentato con orgoglio i nostri Cento strappi.