Quando si ha a che fare con un romanzo che costituisce un esempio chiaro di letteratura postmoderna, spesso è molto difficile descriverne la vicenda. Il diluvio della scrittrice britannica Maggie Gee, già autrice di The White Family, opera dal notevole valore letterario in cui l'autrice narra la vita di una famiglia inglese caratterizzata da relazioni affettive e umane degenerate, stigmatizzando il razzismo della famiglia britannica perbene, propone con Il diluvio un seguito alla sua opera precedente e di successo che, pur riprendendo molte delle figure presentate in passato, si distacca dalla prima parte per la molteplicità dei temi e dei messaggi.
La vicenda si svolge in una città innominata ‒ si legga Londra ‒ e sommersa da piogge ininterrotte che perdurano ormai da mesi. La città è in ginocchio, soprattutto la popolazione più povera, che vive in uno stato di segregazione in palazzoni alti e grigi costruiti appositamente.
La città è governata da Mister Bliss ‒ leggasi Blair ‒, che sta preparando un grande ricevimento per la fine delle piogge e che, in accordo con Mister Bare ‒ leggasi Bush ‒, leader di Esperica ‒ inutile spiegare ‒, aggredisce militarmente uno stato islamico nel sospetto che le piogge torrenziali siano causate da attività terroristiche musulmane. Nella vicenda si intrecciano le storie dei numerosi personaggi (difficilmente in un solo romanzo si trovano così tanti protagonisti, per quanto in molti passi l'unico e vero protagonista sembra essere il diluvio stesso): l'anziana May White, sua figlia Shirley e suo figlio Dick, appena uscito di prigione, la ricca e frivola Lottie, il marito Harold, scrittore, il fanatico religioso Bruno, e tante altre figure spesso tratte dalle opere precedenti della scrittrice. In questo contesto Il diluvio si presenta come una grande continuazione di tutte le vicende narrative plasmate dalla Gee. Il finale del romanzo è apocalittico e surreale. É impressionante la capacità dell'autrice di far sposare temi e critiche così differenti: si va dall'attacco politico al problema della vita dopo la morte, dal concetto di spazio-tempo al rapporto tra genitori e figli, dal fanatismo religioso al perbenismo borghese, dall'ipocrisia della società dello spettacolo alla catastrofe ecologica.
L'elemento stupefacente nella prosa di Maggie Gee, che tra l'altro si serve di numerosi rimandi intertestuali (Hans Christian Andersen, Alfred Tennyson, la Bibbia, il Corano, Shakespeare), è il linguaggio e la varietà di registri: si va dal botta e risposta scurrile a passi di vera e propria poesia, con un mezzo espressivo che registra alla perfezione ogni vibrazione" del narrato.
La difficoltà della traduzione è stata proprio questa, tanto più se si considera il fatto che la Gee si esprime in una lingua che colpisce il lettore sfruttando la propria immediatezza, anche quella prettamente sonora.
Per risolvere il problema ho pensato che non fosse possibile ricostruire, in una lingua più lunga ma certamente più musicale quale è l'italiano, le veloci stilettate narrative e poetiche dell'autrice. In alcuni passi il ritmo dell'inglese è difficilmente sostenibile, il che rende necessario, in pratica, il ricorso ad altre armi. Nella traduzione dei numerosi passi poetici del romanzo, mi sono infatti servito del ritmo del verso italiano, certo meno serrato ma senza dubbio più maestoso nell'incedere della lettura. La chiave di traduzione di The Flood è stata proprio questa, la trasformazione dell'immediatezza propria della lingua inglese nella potenza espressiva tipica dell'italiano.
In conclusione, vorrei rivolgere il mio grazie alle Edizioni Spartaco, e in particolare al direttore editoriale Giovanni Lamanna, per avermi dato l'opportunità di tradurre un ottimo romanzo, e per avermi accompagnato nel lavoro di traduzione.