Tradurre un classico è certamente cosa diversa dal tradurre l'ultimo romanzo di uno scrittore vivente, poiché quasi sempre, nell'affrontare un'opera già nota al pubblico, è inevitabile il confronto con le traduzioni precedenti. Per questo tradurre le Fiabe e storie di Hans Christian Andersen, una delle opere letterarie e più note al mondo, era un lavoro che apparentemente rischiava di sovrapporsi inutilmente all'operato di altri e allo stesso tempo - e per lo stesso motivo - era una sfida affascinante con l'esigenza di produrre vera novità.
Ma nell'affrontare l'incarico rincorso per anni - come un traguardo inevitabile con cui avrei dovuto e voluto misurarmi fin da quando ho iniziato a tradurre dal danese - ero almeno cosciente che la novità poteva essere rappresentata dal proporre l'edizione completa dell'intero corpus delle fiabe, i 156 testi che l'autore intese considerare parte di un insieme cui diede il titolo di Fiabe e storie. Un aspetto che può apparire banale e scontato, ma nonostante le antologie più o meno ampie di testi anderseniani siano state sempre numerose in italiano, e nonostante quasi tutti i testi siano stati tradotti almeno una volta, mai l'intera raccolta era stata affrontata dallo stesso traduttore, e questo per iniziare mi bastava.
Che le traduzioni precedenti fossero, ciascuna a suo modo e nella sua epoca, dei lavori eccellenti, non doveva rappresentare un ostacolo: tranne rare eccezioni, il punto di partenza era quasi sempre un Andersen pei fanciulli, non sempre compatibile con l'immagine che io avevo dell'autore e soprattutto con l'immagine che l'autore aveva di sé. La riscoperta dell'intero corpus avrebbe invece portato alla luce - lo sapevo in partenza ed era uno dei miei obiettivi - testi meno noti e meno adatti al pubblico infantile, ma non meno meritevoli di essere conosciuti, avrebbe forse conquistato all'autore nuovi e più attenti lettori. Tradurre l'intera raccolta era dunque un tentativo di cambiare in parte il punto di vista su Andersen.
Una traduzione completa e organica della raccolta di Fiabe e storie mi sembrava dunque una scelta obbligata, una ferrea condizione che non poteva essere messa in discussione da motivi di pratica editoriale come il bilancio proibitivo dell'intera operazione o le dimensioni e il prezzo di mercato del prodotto finito: niente vie di mezzo, così o nulla. Il prezzo da pagare in questo caso è stata la lunga attesa prima di realizzare il sogno.
Ma l'obiettivo era importante: salvaguardare la varietà stilistica dell'originale con l'uniformità della traduzione eseguita da una sola mano, per poter cogliere la maturazione della scrittura, per provare a rispettare i richiami interni, i ricorsi lessicali, cercando di seguire la tradizione di nomi e modi di dire ormai entrati nell'uso linguistico italiano - dal Brutto anatroccolo alla Sirenetta - ma allo stesso tempo fare giustizia di un inutile e ormai radicato fiorire di vezzeggiativi nei titoli delle fiabe - come quell'ingiustificato Scarpette rosse che ho pedantemente ricondotto all'originale Scarpe rosse. O infine per provare a ricondurre a una parvenza di fedeltà filologica - ma senza parodiare - i numerosi inserti in verso e rima - Andersen era poeta non disprezzabile per l'epoca - con un risultato che forse, dell'intero lavoro, è stato fonte di maggior soddisfazione.
Queste le intenzioni che hanno guidato un lavoro lungo e intenso, che richiedeva una dedizione esclusiva: il tempo a disposizione era poco più di un anno per confrontarsi con mille cartelle di testi scritti nell'arco di quasi quarant'anni - dalle prime prove dello scrittore quasi esordiente nel 1835 agli ultimi, preziosi fuochi del mito morente nel 1872. Testi difformi nello stile, che mostrano lo sviluppo di un autore che nel frattempo scriveva teatro, poesia, romanzi di successo, diari di viaggio, arricchendo la penna di anno in anno con esperienze, viaggi, letture. Il lavoro sulla traduzione è stato completato - grazie a un editore di misura umana come Donzelli - dalla possibilità di collaborare alla scelta della veste editoriale, esaminare le prove della copertina, scrivere e adattare gli apparati - note, cronologia, introduzione - e soprattutto scegliere, una per una, le illustrazioni da inserire nel testo: di fronte alla miriade di artisti che si sono cimentati con Andersen, l'unica soluzione plausibile erano le incisioni di Vilhelm Pedersen e Lorenz Frølich, che collaborarono con l'autore in vita.
Una bella sudata non priva di sbavature, come quel re al posto dell'imperatore in un punto della fiaba sui vestiti nuovi, un re freudiano che la dice lunga su un tema radicato nella cultura italiana grazie alla mediazione di un Re nudo che imperatore non era. Un lavoro duro ma di grande soddisfazione, come ne capitano pochi in questo mestiere, felicemente coronato da un premio ricevuto nella città natale dell'autore e dai complimenti di una regina di quelle vere. Sebbene proprio Andersen, il più grande scrittore di fiabe, con i suoi finali quasi mai teneri sembri volerci mettere in guardia sottolineando che in fondo la vita non è sempre una fiaba.