Traduzione da: Traduzione dal tedesco di Gabriella de' Grandi
Hansjörg Schneider (1938) si inserisce a pieno titolo nella tradizione elvetica del romanzo poliziesco, che ha i suoi campioni in Glauser e Dürrenmatt. Come per i due predecessori, anche per Schneider il genere poliziesco è un’occasione per affrontare argomenti di attualità politica, culturale e sociale della Confederazione.
Schneider è il padre del commissario Hunkeler, protagonista di otto romanzi di grande successo. Il tema di Hunkeler e l’amuleto è l’immigrazione turca nella città e nel territorio di Basilea, crocevia di traffici internazionali legali e illegali. In un vecchio appartamento giace il cadavere di una donna turca, che porta al collo un amuleto. Senza un mandato, e quasi controvoglia, Hunkeler comincia a interrogare vicini e conoscenti della vittima e frequenta i bassifondi del quartiere in cui è avvenuto l’omicidio. È ossessionato dal volto sfigurato della giovane, come se per il solo fatto di averlo visto, avesse contratto un debito con lei. Prigioniero di questa ossessione e obbligato a contrastare l’ottusa arroganza di altri colleghi, Hunkeler offre al lettore una bella lezione sull’arte di investigare: per uscire dal labirinto bisogna essere disposti a perdersi, a rinunciare alle certezze più rassicuranti e a calarsi nella realtà senza pregiudizi.
La lettura e la traduzione del romanzo offrono spunti di notevole interesse.
Hunkeler ha passato la cinquantina, è un uomo stanco e disilluso, ama fare le ore piccole in bettole frequentate da personaggi non sempre raccomandabili. Non c’è niente di convenzionale o scontato in questo ritratto di un uomo combattuto tra il desiderio di mollare tutto e il senso del dovere, che lo porta a voler chiarire casi complessi. Il personaggio non è immaginabile senza la figura di Hedwig, la compagna innamorata e tollerante che lo rincuora e lo riporta al senso del reale.
Un aspetto non secondario è la messa a fuoco di una Svizzera estranea al cliché di paese benestante, tranquillo e aproblematico, una Confederazione letta con occhi a cui non sfuggono tensioni e contraddizioni.
Marchio di qualità è inoltre la rappresentazione minuziosa e realistica della realtà urbana basilese: una topografia precisa che è non solo quinta, ma vive come protagonista, ricca di un’umanità variegata e differenziata nella quale si rispecchiano tutte le classi sociali, dai ceti alti a quelli bassi ed emarginati, un ampio ventaglio di etnie, culture e lingue diverse. A ciò si aggiunge la posizione di frontiera della città, a contatto con il mondo tedesco e quello francese, che si riflette nelle scelte linguistiche e stilistiche dell’autore. Sulla base del tedesco si innestano polloni di Schwitzerdütsch, alsaziano e francese. Questa è una peculiarità pressoché unica nel panorama letterario attuale del genere poliziesco, una sfida che Schneider mi lancia a ogni romanzo scelto dall’editore Casagrande per la traduzione italiana (in ordine di uscita: Il commissario Hunkeler e la mano d’oro, 2009; Il commissario Hunkeler e l’amuleto, 2010; Hunkeler macht Sachen, di prossima pubblicazione). In alcuni punti della conversazione l’autore sottolinea il multilinguismo della regione alsaziana, intercalando nella conversazione i tre idiomi. Per non appesantire la traduzione ho preferito rinunciare all’oscillazione tra il tedesco e la sua variante svizzera, scelta che si era imposta anche in tutte le traduzioni di Glauser.
La lingua di Schneider è schietta, immediata. E se non di rado tralucono momenti di sobria liricità, il registro prevalente è quello del parlato. Semplice non significa facile per il traduttore. Anche in questo caso la scommessa è conservare il linguaggio mai banale, diretto e saporito che fa il romanzo.
Hunkeler è l’alter ego di Schneider: la sua collera, le sue sofferenze, la sua ironia sono quelle di chi lo ha creato. Dalla morte della moglie, Schneider ha venduto la casa in Alsazia. Da allora la occupa Hunkeler, che ne ha fatto il rifugio salvifico dalla città. Eppure Schneider non avrebbe potuto diventare poliziotto: come ha dichiarato in un’intervista: «Io lascerei tutti liberi, quando capisco perché hanno fatto quello che hanno fatto».
È inevitabile affezionarsi a Hunkeler-Schneider pagina dopo pagina, al ritmo lento e inesorabile delle indagini. E come mi ha scritto un affezionato lettore ticinese, si aspetta il prossimo Hunkeler con una certa impazienza.
Gabriella de' Grandi