Traduzione da: francese | Traduttore: Elisabetta Svaluto Moreolo
Con Scrittura cuneiforme, nel 2003, ero incuriosita dalla presenza rilevante di Kader Abdolah nel catalogo nordico di Iperborea. Avevo accostato l’Oriente e Iperborea alle fiabe, ma come mai l’Oriente e le fiabe nordiche di Iperborea? È cominciata in questo modo la mia lettura dei libri di Kader Abdolah.
Accolto in Olanda come rifugiato politico, questo autore è un esempio di migrazione felice. La sua è un’esperienza di opportunità raccolte, di apertura e di rispetto della cultura altrui. I suoi romanzi sono tradotti dall’olandese, Kader Abdolah scrive in olandese e non nella sua lingua madre, il farsi, o in una lingua a lui già nota come l’inglese. Gli olandesi sono i suoi primi interlocutori e i primi destinatari delle sue storie. Immaginiamo quanto sia difficile passare dal farsi a una lingua europea, eppure nel contesto notiamo che «lingua» e «libertà» sono inscindibili, in tutti i suoi romanzi la questione della lingua è un passaggio obbligato per la libertà, conoscere la lingua è il primo passo per integrarsi e acquisire la cultura del posto.
Cosa comunica Kader Abdolah in olandese agli olandesi e al mondo? Racconta la sua testimonianza di esule, la sua cultura, l’alterità e l’integrazione possibile.
Sappiamo che sono molti gli autori della migrazione che assumono la scelta di scrivere nella lingua di accoglienza. Perché lo fanno? La motivazione più diffusa è di ricalibrare il grado zero delle parole; nella lingua di accoglienza infatti certe parole perdono il riferimento a un gergo esasperato, quello della militanza, del regime, e suonano finalmente standard.
Tuttavia, dal punto di vista di noi lettori, questa scelta di scrivere nella lingua di accoglienza sembra incredibile, che noi non ne saremmo capaci, ecc... Dobbiamo considerare invece il punto di vista dello scrittore che, al contrario, è ben felice di sperimentare la sua arte all’estremo. Quindi, oltre al punto di vista ricettivo del lettore, dobbiamo considerare l’atto creativo dello scrittore e la sua intenzione di plasmare la propria scultura con materiali nuovi e ghiotti nel suo laboratorio degli esperimenti.
Da lettrice ho osservato l’esperienza di Kader Abdolah migrante con la testa nel ricordo e lo sguardo rivolto al futuro. «Futuro» è una parolina seria nel contesto: come lui infatti spiega, il migrante non pensa alla morte, non la considera, pensa al futuro. In questo romanzo, Il Pappagallo volò sull’IJssel, i migranti vengono infatti colti di sorpresa alla morte della più piccola protagonista: “Gli stranieri non erano preparati alla morte, pensavano soprattutto al futuro.”
Non conosco l’effetto di leggere Kader Abdolah in olandese, ma nel mio ragionamento di traduttrice, metto in parallelo questo genere di scrittura con la traduzione passiva. Spesso quando mi capita di leggere dei romanzi di un autore straniero tradotti in italiano da un traduttore straniero della stessa lingua dell’autore, al primo impatto c’è sempre la sorpresa di leggere un italiano straniante, anzi, contraffatto, man mano che la lettura prosegue mi accorgo invece della bravura di quel traduttore nell’essere stato perfettamente in grado di restituirci la prosodia di quel testo. A una traduzione attiva forse questa forza non sempre riesce. Senz’altro, un traduttore italiano avrebbe limato al massimo la traduzione optando per scelte più conformi all’uso dell’italiano standard. La traduzione passiva, invece, ha il pregio di riportare il lettore alla musicalità del testo originale, portarlo a intuire elementi del testo fonte, per esempio portarlo a ragionare sulla sintassi, perché quella frase è stata tradotta così? E allora possiamo immaginare che fosse così in partenza, che appartiene alla sintassi di quella lingua e che quel traduttore ne ha lasciato la traccia.
La fiaba, come topos, è una sorta di preludio con cui Kader Abdolah presenta al lettore il suo passaporto per l’Olanda. I riferimenti autobiografici sono un basso costante: mentre profilano dettagli del passato ci accorgiamo che ogni personaggio migrante è sempre un alter ego dell'autore stesso, di suoi parenti o amici, in maniera velata o evidente, in uomini e donne. Nella sua scrittura gli elementi riconoscibili rimangono quelli esotici come il racconto a cornice e il ricorso alla fiaba e creano alterità nel testo. È in questa caratteristica dominante che ogni volta si riconosce l’autorialità di questo grande autore.
La sua scrittura e il suo stile, sempre in oscillazione tra due culture, ci istruiscono in maniera pacifica e pacata sulla non semplice faccenda dell’integrazione. D’altronde lui è molto a suo agio in Occidente, come i suoi personaggi, tutti integrati nella realtà olandese. I migranti di Kader Abdolah osservano con attenzione e stupore il loro nuovo mondo, si tuffano volentieri a socializzare e a imparare la lingua, nuova e culturalmente lontanissima. Notiamo che nei suoi romanzi questo impegno è reciproco, poiché anche l’Olanda si attiva per la loro integrazione. Nell’apprendere la nuova lingua, il passaggio è tanto semplice per i giovani quanto buffo per gli anziani che legano più volentieri tra di loro, come nella realtà. È anche vero che quando ci troviamo in una città straniera presto ci accorgiamo che le parole sono come una galassia che ci avvolge, entriamo nel mood di quella lingua, tutto insomma ci risuona nella testa fino a sorprenderci che stiamo già pensando in quella lingua. Tuttavia le radici culturali sono come l’inflessione nella nostra voce e non ci abbandonano. Con il tempo l’inflessione si ammorbidisce, ma rimane.
Nel Pappagallo volò sull’IJssel c’è nella diaspora la questione dello spaesamento; l’impatto del migrante con il luogo, quindi la descrizione del paesaggio olandese e di riflesso la descrizione dello stereotipo olandese, uomo e donna, usi e costumi. Tutti ingredienti e codici agli antipodi rispetto alla descrizione dei personaggi migranti persiani, afghani, eccetera, e ben diversi dalle temperature e dai temperamenti della realtà persiana, rovesciata dalle dittature. I riferimenti alla comunicazione trovano una valenza forte nel personaggio del sordomuto, un personaggio ricorrente in tutti i suoi romanzi. Sappiamo che da piccolo l’autore aveva inventato un linguaggio per comunicare con il padre sordomuto, allo stesso modo, in questo romanzo, il protagonista Memed ha un suo codice per comunicare con la figlia, la piccola sordomuta.
Kader Abdolah adulto, migrante e scrittore è ancora un mediatore, non ha bisogno di un traduttore per rivolgersi agli olandesi, scrive direttamente in nederlandese. Una risposta piuttosto eloquente al problema dell’integrazione e dell’interazione pacifica.
Dori Agrosì