La négresse inconnue

Argomento: Editoriali
Autore: Dori Agrosì
Pubblicazione: 6 agosto 2025

L'argomento in rilievo di questo numero è la figura di Lucia Morpurgo Rodocanachi, traduttrice e protagonista del saggio Caro Billy, dear Lucky  Lettere 1937-1947, di Benedetta Vassallo (8ttoedizioni, 2024) a cui è dedicato il Focus nella rubrica Intervista. Si tratta di un volume assolutamente prezioso e di approfondimento sullo stato del mestiere del traduttore agli inizi del secolo scorso.

Siamo negli anni Trenta e Lucia Rodocanachi era un personaggio noto agli scrittori italiani tra i più rappresentativi della scena editoriale. Insieme al marito pittore, Paolo Stamaty Rodocanachi, erano soliti ospitare una cerchia esclusiva di strette amicizie coltivate nel tempo tra amici abituali e innumerevoli comparse. Per gli scrittori e i poeti Lucia rappresentava la figura dell’editor o della traduttrice «personale» o «privata», ma molto all’ombra. Per tutti una vera amica, una cultrice di letteratura straniera, nonché protagonista letteraria inconsapevole di quegli anni fulgidi, prima e dopo la seconda guerra mondiale.

La sua attività ci è svelata dalle sue lettere nell’epistolario tra lei e scrittori quali Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro, Carlo Bo, Carlo Emilio Gadda, Elio Vittorini e molti altri.

Perché négresse e perché inconnue? Questo soprannome ironico e allusivo – nonché di cattivo gusto – non era l’unico che le era stato dato dagli amici scrittori, ce ne erano poi altri che si era data lei stessa e che emergono dal carteggio. All’epoca, le lettere erano praticamente l’unico modo per comunicare e lavorare a distanza con tutti, ma oltre al lavoro il tono rimaneva confidenziale. L’appellativo di négresse inconnue era scaturito da Montale e lei scherzosamente gli confidava quanto si addicesse alle tempistiche di traduzione richieste da quelli che lei stessa definiva i suoi «negrieri».

Il lavoro era assiduo, Lucia lavorava con compensi forfettari, esigui e spesso in ritardo. La condizione principale e imprescindibile – quanto improponibile oggi – da parte di tutti i suoi committenti amici era di rimanere anonima, la firma l’avrebbero messa loro. Gli accordi erano questi.

Nel volume di Benedetta Vassallo, il focus epistolare rimane tra Lucia Rodocanachi e il poeta e artista Guglielmo Bianchi, un carteggio diverso rispetto agli altri poiché Bianchi intellettuale eccentrico, instancabile viaggiatore era in grado di intrattenere con Lucia un carteggio oltreoceano. Se all’inizio la provenienza delle lettere di Bianchi la facevano sognare tra Parigi, Londra e un po’ dappertutto in Europa, con la guerra Bianchi si eclissa per un decennio, si trasferisce dalla famiglia in Argentina, torna in Italia dopo la guerra. Nel frattempo Lucia lo informa di lei e degli amici e le riferisce degli anni difficili che cambiano tutto e impoveriscono tutti. Dalle lettere emergono la voglia di libertà e la disposizione a mantenere più che mai viva l’amicizia. Lucia si autodefinisce «ostrica» per il suo rimanere attaccata allo scoglio, al contrario di lui che invece definisce «naufrago».

Da una parte, la «voglia di evasione» degli intellettuali italiani trovava sfogo nella scoperta di autori stranieri, come le poesie di Auden per esempio, proposte a Lucia proprio da Guglielmo Bianchi. Proposito capitato purtroppo nel periodo storico meno adatto, in cui era infatti bandita la circolazione e la pubblicazione di tutto ciò che arrivava dall’estero. Dall’altra, «l’amicizia» con gli scrittori rappresentava molto per Lucia, non soltanto in termini di lavoro, ma anche in termini di umanità, a non sentirsi esclusa dal mondo, confinata nella provincia ligure, nella villa di Arenzano. Due erano infatti le date che dal 1933 scandivano gli imperdibili appuntamenti per il ritrovo di letterati e artisti nella «casa rosa» dei coniugi Rodocanachi, il giorno di Santo Stefano e il Lunedì dell’Angelo. Per il suo senso dell’accoglienza e anche per il suo essere un’inguaribile casalinga si paragonava alla figura di Marta, patrona delle casalinghe.

Finalmente nel 1943 con Bompiani il suo nome compare sul frontespizio con la traduzione del libro Gli elisir del diavolo di Ernst Hoffmann; nel dopoguerra collabora con importanti case editrici quali Garzanti, Longanesi, Frassinelli e con Einaudi sigla nel 1955 la traduzione di Ritratto di giovane artista di Dylan Thomas per la collana di narrativa contemporanea «I gettoni» diretta da Elio Vittorini.

Nel 1956 muore Paolo, il marito di Lucia e gli amici svaniscono dagli imperdibili appuntamenti annuali sempre tanto attesi. Lucia rimane sola pur continuando la sua attività di traduttrice direttamente con gli editori.

Nella curatela di Silvia Falcione, all’interno del volume, è significativo notare quanto sia di rilievo il documento storico delle lettere di Lucia Rodocanachi per «ricostruire un capitolo importante della cultura novecentesca italiana, a cui partecipa direttamente, anche se rimane sconosciuta, nascosta da figure di maggiore spicco e con maggiori contratti editoriali.» Altre lettere di Lucia Rodocanachi si possono leggere nella corrispondenza con altri scrittori. Tra i numerosi volumi pubblicati Si diverte tanto a tradurre? Lettere a Lucia Rodocanachi 1933 - 1943, Elio Vittorini, Archinto, Milano, 2016. Approfondiamo questo argomento insieme a Benedetta Vassallo, editore e autrice del volume Caro Billy, dear Lucky – Lettere 1937-1947, (8ttoedizioni, 2024), nella rubrica Focus> Intervista.

Buona lettura, buon ascolto e alla prossima,